Missioni Consolata - Ottobre 2010
OTTOBRE 2010 MC 63 globale strategico» tra i due paesi, un asse Sud- Sud, tra la prima potenza economica africana e la prima asiatica (seconda mondiale). Anche Ali Bongo presidente del Gabon, figlio di Omar Bongo Ondimba, ha dichiarato che il suo paese ha tanti partner. Dichiarazione suggellata da un contratto di 4,5 miliardi di dollari firmato con imprese dell’India e di Singapore a metà agosto scorso. Il Gabon, paese produttore di petrolio, con una popolazione che vive in stato di povertà, è da sempre uno dei primi e più fedeli alleati della Fran- cia in Africa. Ma qualcosa ormai è cambiato. L a Cina Popolare intrattiene relazioni com- merciali ed economiche con la quasi totalità dei paesi africani, ad esclusione di Burkina Faso, São Tomè e Swaziland, che ancora ri- conoscono Taiwan (la Cina nazionalista) come uno stato. La Cina «una e indivisibile» è infatti una delle rare condizioni poste da Pechino ai governi con cui fa affari. Dopo il paese del dragone seguono a ruota l’India, Corea, Giappone, Vietnam, ecc. Asia–Africa sorpassa dunque Europa–Africa. Grazie a relazioni commerciali con «volumi di scambi» che molto spesso hanno superato le po- tenze ex coloniali, Francia e Gran Bretagna. Ma sarà del tutto tramontato il periodo del «neo-cololi- nialismo» che ha seguito le indipendenze e visto in- trecciarsi fitte reti di relazioni politiche ed econo- miche, e soprattutto di sfruttamento delle risorse? Le radici storiche delle «amicizie» Sud-Sud sono soprattutto legate all’appoggio della Cina ai movi- menti di liberazione nazionale, e per quanto ri- guarda l’India, alla grande e antica presenza degli indiani in Africa dell’Est e del Sud. In questo senso il Madagascar è un caso emblematico di «paese ponte» tra Africa e Asia. M a la domanda di chi osserva la sempre più evidente penetrazione della Cina in Africa, e la più discreta dell’India è que- sta: si tratta di una nuova forma di impe- rialismo o colonialismo o di una cooperazione che aiuterà lo sviluppo dell’Africa? Cosa interessa all’Asia dell’Africa? Possiamo rias- sumerlo in due parole: risorse e mercato. «Risorse» nel senso più ampio del termine per ali- mentare la propria industria. Materie prime dal pe- trolio ai minerali di ogni genere. Ma anche risorsa terra, terra fertile coltivabile per produrre cibo, cereali e oleaginosi in testa. E per alimentare l’industria tessile asiatica con l’«oro bianco», il prezioso cotone africano. E ancora terra per la produzione dei biocarburanti, nuova frontiera dei combustibili alternativi. E infine, risorsa lavoro. Gli asiatici stanno sco- prendo che far lavorare gli africani nei grandi can- tieri infrastrutturali vuol dire pagarli addirittura meno dei cinesi importati dalla madrepatria. E, ov- viamente, in condizioni pessime e senza alcuna ga- ranzia sindacale. «Mercato» perché l’Africa è invasa di prodotti cinesi di ogni tipo. Sono rari, per ora, i prodotti finiti elaborati sul con- tinente nero ed esportati in Asia. Si cerca di portare via tutto appena si può. Poco il lavoro «produttivo» indotto nei paesi africani (nei cantieri, sotto pagato e in condizioni pessime), scarsa la ricaduta econo- mica sull’imprenditoria e sull’industria locale. Il ministro sudafricano dell’Industria e del Com- mercio Rob Davies, durante la visita in Cina di fine agosto, ha dichiarato che le esportazioni del suo paese sono «troppo orientate alle materie prime e si vorrebbe che la Cina acquistasse beni ricchi in valore aggiunto». Se i capi di stato africani non sapranno alzare la voce imponendo una strategia commerciale e di in- vestimenti che vada a beneficio anche dei loro paesi, la cooperazione Sud-Sud resterà una ennesima forma di neo-colonialismo. Marco Bello # A fianco: Dakar, un senegalese mostra una bandiera cinese per accogliere il presidente Hu Jintao in visita nel paese. # Sotto: Nairobi, capo cantiere cinese impartisce ordini al lavoratore keniano. Sullo sfondo, tempio indù. MC ARTICOLI
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=