Missioni Consolata - Ottobre 2010
cavano cioè alcuni dettagli es- senziali: chi dovrebbe tirar fuori i soldi per finanziare l'operazione (l'80 per cento spetta ai cinesi e il 20 ai nigeriani)? Nessuno ha dato una risposta chiara: la Cscec - sostenevano funzionari nigeriani - si sarebbe assicurata fondi provenienti dalla Export- Import Bank of China e da altre istituzioni dello stato, come la compagnia che assicura le esportazioni, la Sinosure. Nulla di tutto ciò. Ancora si brancola nel buio nonostante le fiduciose dichiarazioni del direttore della Nnpc, Shehu Ladan, secondo cui i soldi saranno trovati e la sua società manterrà il 20 per cento della proprietà degli impianti. Il presidente nigeriano ha allonta- nato dall'incarico Ladan il 17 maggio, cioè tre giorni dopo la provvederà a fornire il terreno e le infrastrutture, la fonte di fi- nanziamento e i termini econo- mici dell'affare non lo sono af- fatto. Il presidente nigeriano Goodluck Jonathan, appena arri- vato al potere, ha voluto affer- mare la sua autorità licenziando il direttore della Nigerian Natio- nal Petroleum Corporation (Nnpc). Rischia di fare la stessa fine, cioè in un cestino, il con- tratto petrolio in cambio di infra- strutture firmato dalla Nigeria quando il presidente era Oluse- gun Obasanjo. L'accordo, firmato il 13 maggio scorso da Yu Zhende, vicepresi- dente della China State Con- struction Engineering Corpora- tion (Cscec), è complesso e pre- vede la costruzione di un im- pianto petrolchimico e tre raffi- nerie che dovranno lavorare cia- scuna 250 mila barili di petrolio al giorno a Lagos, nella Lekki Free Trade Zone, negli stati di Kebbi a Beyelsa, quello dove è nato Goodluck Jonathan. Come al solito in Africa la ceri- monia per la firma dell'intesa è stata pomposa e seguita da di- chiarazioni ottimistiche altiso- nanti. Ma poi ci si è accorti che qualcosa non funzionava. Man- firma dell'accordo. Forse la spiegazione si può trovare nei problemi che l'euforia aveva fatto accantonare e che non sembra siano stati affrontati. RETROSCENA POLITICO Ma sul tappeto ci sono altri osta- coli, anche abbastanza gravi. La Nigeria produce una media di 2 milioni di barili al giorno e spende 10 miliardi di dollari al- l’anno per importare carburante, date le pessime condizioni delle sue raffinerie attuali e dalla mancanza di elettricità per farle lavorare correttamente. Così come appare, quindi, l'ac- cordo non è un buon affare. Si- curamente gli impianti non sa- ranno realizzati a breve e forse non lo saranno mai. L'intesa - fanno notare gli osser- vatori - serve solo a rafforzare i legami politici. La Cina ha assi- curato che farà di tutto per far assegnare alla Nigeria uno dei due seggi al Consiglio di Sicu- rezza che saranno assegnati al- l'Africa nel caso si riesca a rifor- mare lo statuto delle Nazioni Unite. Pechino poi chiede ai suoi partner africani di negare il visto al Dalai Lama nel caso lo ri- chieda: è successo con il Suda- frica e con il Kenya. All'aero- porto di Nairobi poco tempo fa dietro le spalle degli agenti della polizia di frontiera campeggiava una sua fotografia con la scritta:"Quest'uomo non può en- trare", come si usa per i peggiori delinquenti. Per quel che ri- guarda il seggio all'Onu, la Nige- ria deve però fare i conti con altri partner. La Francia di Nicolas MC ARTICOLI # Pagina precedente: Egwa, un piroghiere nel Delta del Niger, sullo sfondo una stazione della Shell. # A fianco: Lagos, un poliziotto perquisisce un automobilista. Sotto: Warri, un soldato nigeriano pattuglia una stazione di pompaggio nel Delta del Niger. N I G E R I A Lagos Ibadan Kaduna N I G E R B E N I N C A M E R U N
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