Missioni Consolata - Settembre 2010

colare, questi servizi di cura domi- ciliare sono previsti ma, per man- canza di fondi, non sono effettiva- mente disponibili e la maggior parte dei pazienti che non può re- carsi nelle strutture sanitarie non riceve alcun trattamento. I costi per formare gli operatori domici- liari, decisivi specialmente nel trattamento delle infezioni oppor- tunistiche, non sono così elevati e, comunque, inferiori a costi deri- vanti dal sottrarre personale me- dico alla sanità di base per desti- narla ai progetti di lotta all’Hiv. Infine è necessario costruire una rete di operatori che possa far sì che i messaggi sulla prevenzione raggiungano i destinatari e, soprat- tutto, che possa informare le per- sone sieropositive che esistono servizi presso i quali ricevere cure e trattamenti. Non solo. Oltre a informare, occorre anche invo- gliare i pazienti a far uso dei servizi offerti, mettendoli in condizione di superare i pregiudizi e il timore che la loro condizione di sieropositività, una volta dichiarata, possa finire per isolarli dalla loro comunità. Le cliniche mobili, la costruzione di centri sanitari periferici, la for- mazione di responsabili sanitari comunitari e il lancio di progetti «paralleli» (microcredito, micro – progetti agricoli, formazione pro- fessionale e simili) sono alcuni dei mezzi attraverso i quali i missio- nari della Consolata cercano di ov- viare alle difficoltà socio – econo- miche che impediscono a un pa- ziente di fruire effettivamente dei servizi relativi all’Hiv/Aids a causa della propria condizione di indi- genza. HIV, un’emergenza per tutte le stagioni Elemento che desta preoccupa- zione quando si riflette sulle logi- che che regolano gli interventi nel sud del mondo è la «riciclabilità» dell’Hiv/Aids come tema su cui si concentra la cooperazione interna- zionale in mancanza di emergenze più attuali: «L’Hiv non va più di moda, quest’anno: adesso che è fi- nito lo tsunami è il cambio clima- tico il più gettonato», commentava qualche anno fa con amaro sarca- smo una funzionaria internazio- nale, constatando le fluttuazioni anche brusche dell’attenzione della comunità internazionale. Così come «passa di moda» in fretta, altrettanto repentinamente l’Hiv/Aids torna alla ribalta, attra- verso gli appuntamenti annuali come la giornata mondiale di lotta all’Hiv (1° dicembre) e anche per effetto di campagne estemporanee lanciate da istituzioni internazio- nali e Ong. Ma il problema rimane, anche quando non sta sulle pagine delle riviste o nei documentari tra- smessi alla televisione e il modo più efficace di affrontarlo spesso parte dalla lotta alla povertà e al- l’ingiustizia prima ancora che al- l’Hiv/Aids. Cooperando… 64 MC SETTEMBRE 2010 # Questo numero speciale della nostra rivista, anche e pubblicato nel 2006, è sempre di attualità e ben documentato. Se interessati, contattateci e vi verrà spedito col solo addebito delle spese postali. PICCOLI PROGETTI HIV CRESCONO: I L S AINT E LISABETH H OSPITAL DI C HIGA , nel Kenya nella periferia di Ki- sumu sul Lago Vittoria, è una delle realtà Imc nate con l’o- biettivo primario di fornire as- sistenza ai malati di Hiv. «Si tratta di una piccola struttura che conta solo 24 letti», spiega fratel Mario Bernardi, che ha diretto la costruzione e l’avvia- mento dell’ospedale, «eppure si trova a ricoverare più di otto- cento persone e a fornire con- sultazioni a oltre seimila pa- zienti l’anno. Ha un reparto Hiv che serve annualmente quasi milleduecento sieropositivi (tra cui circa trecento bambini), la maggior parte dei quali è in te- rapia Arv». Data la sua intensa attività e l’elevata qualità del servizio offerto, il Saint Eliza- beth ha ottenuto il riconosci- mento delle autorità keniane e l’integrazione nella struttura sanitaria nazionale. Grazie alla cooperazione del governo tede- sco, inoltre, importanti miglio- rie sono state apportate nel corso degli ultimi due anni alle strutture e ai servizi sanitari offerti. L’ospedale si trova in uno dei tre distretti che il governo ke- niane ha identificato come i più colpiti dalla pandemia e trova la sua naturale estensione nel Saint Luke Dispensary, nella missione di Alendu, che ha ap- pena cominciato le attività pro- prio con un progetto di assi- stenza alle donne incinte Hiv positive.

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