Missioni Consolata - Settembre 2010
CREDO E FESTE «I Samaritani sono guidati da quattro principi di fede - continua - : un solo Dio, il Dio d’Israele; un solo profeta, Mosè figlio di Amran; un solo libro sacro, il Pentateuco, la Torah trasmessa da Mosè; un solo luogo sacro, il monte Garizim. Inoltre crediamo nella venuta del Taheb, “un profeta come Mosè” (cf Dt 18,15), un messia (cf Gv 4,25) della stirpe di Giuseppe e non di discendenza davidica, che verrà alla fine dei tempi, nel giorno della vendetta e della ricompensa». Samaritani ed ebrei hanno in co- mune la celebrazione di sette fe- stività, quelle menzionate nel Pen- tateuco: la Pasqua con il suo sa- crificio (vedi riquadro) per ricor- dare la liberazione dalla schiavitù in Egitto; la festa degli Azzimi, per sette giorni si mangia pane non lievitato; la festa delle Settimane (Shavuoth) o pentecoste; il primo giorno del Settimo Mese (Tishri), per ricordare l’entrata nella terra di Canaan; il Giorno dell’Espia- zione (Yom Kippur); la festa delle Capanne (Sukkot), a ricordo delle abitazioni durante l’esodo, che si conclude con la festa della Gioia della Torah. «In conseguenza della persecu- zione isalmica dei secoli passati - braico antico è la madre di tutte le lingue del mondo» continua Kohen, indicando una riproduzione delle lettere dell’alfabeto e spie- gando come ognuna di esse corri- sponda a un membro del corpo umano. Il Pentateuco samaritano, la cui redazione è attribuita dalla tradi- zione ad Abisha, pronipote di Mosè, contiene oltre 7 mila diffe- renze rispetto al testo ebraico ma- soretico. Per lo più sono diversità ortografiche, ma alcune anche di contenuto «teologico», come la questione del luogo della pre- senza di Dio. In 22 versetti del Deuteronomio, la versione sama- ritana usa il verbo al passato: «Nel luogo che l’Onnipotente ha scelto»; mentre la redazione ma- soretica usa il futuro: «Nel luogo che l’Onnipotente sceglierà» (Dt 16,11). La differenza è cruciale: per i Sa- maritani tale scelta è avvenuta an- cor prima dell’entrata nella terra promessa ed è il Garizim, unico monte della terra d’Israele espressamente consacrato nel Deuteronomio quale luogo delle benedizioni (Dt 11,29), luogo dove Abramo e Giacobbe hanno co- struito altari. Per i giudei, invece, il verbo al futuro esprime solo l’an- nuncio della scelta, che si realiz- zerà al tempo di David e Salomone (1000-930 a.C.) e cadrà sul monte del tempio a Gerusalemme. Un’altra differenza riguarda la re- dazione del decalogo (Es 20,1-14). Nel testo samaritano il primo co- mandamento è: «Non avrai altri dei...» (secondo nella versione masoretica); il decimo ordina di costruire un altare sul monte Ga- rizim, comandamento assente nel testo masoretico. Il luogo del culto è sempre stato il pomo della discordia, da quando Eli scippò al Garizim l’arca dell’al- leanza e la trasportò a Silo, fino al tempo di Gesù, come appare dalla domanda della donna samaritana: «I nostri padri hanno adorato Dio sopra questo monte e voi dite che è Gerusalemme il luogo in cui bi- sogna adorare». E rimane tutt’ora la principale discriminante tra la fede dei Samaritani e quella degli ebrei, come si apprende dalle lab- bra stesse di Kohen: «Inutile che certi ebrei cerchino di ricostruire il terzo tempio a Gerusalemme, quando Dio ha scelto il Garizim». continua Kohen mentre mostra un grande plastico di frutta multico- lore - i Samaritani costruiscono il sukkot in casa e non all’aperto come gli ebrei. Comperiamo 3-400 chili di frutta della terra santa, la leghiamo a un graticcio di acciaio formando disegni fantasiosi e lo appendiamo al soffitto della stanza principale; l’ottavo giorno, la frutta è ridotta in succo per la delizia dei più piccoli, e non solo, per festeg- giare la dolcezza della Torah». Altri doveri del «buon samaritano» sono: vivere in terra d’Israele o al- meno mantenervi la residenza; celebrare la pasqua sul monte Ga- rizim; fare il pellegrinaggio al monte sacro tre volte l’anno (ul- timo giorno degli Azimi, Penteco- ste; primo giorno del Sukkot); os- servare scrupolosamente le leggi della purità alimentare e del sa- bato. «In tale giorno - continua Kohen - non solo non facciamo al- cun lavoro, ma non usiamo l’elet- tricità né rispondiamo al telefono, non usciamo di casa se non per andare a pregare nella sinagoga; tornati a casa leggiamo un capi- tolo della Torah». PROBLEMI E LAMENTELE «Siamo la popolazione più giovane al mondo - continua Kohen con un SETTEMBRE 2010 MC 57 MC
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