Missioni Consolata - Settembre 2010

svedese che, da Bangkok, segue le vicende birmane -. Degli altri due, solo la liberazione dei prigionieri politici può essere messa sul ta- volo delle trattative dalla giunta». PER STRADE DIVERSE Nel frattempo le fratture interne alla Lnd si sono allargate, san- cendo la spaccatura del partito lungo la crepa di chi segue la linea della dirigenza storica, capeggiata da Aung San Suu Kyi e Win Tin, e chi, invece, preferisce cogliere l’occasione di intrufolarsi nello spiraglio di democrazia che le ele- zioni lasciano trasparire. Sarà quindi interessante vedere quale posizione prenderà il bacino elet- torale democratico: si asterrà o piuttosto dirotterà il proprio voto sui membri della Lnd che, in dissi- denza con la Signora, hanno de- ciso di partecipare alle consulta- zioni? In attesa di un verdetto, alcuni lea- ders si sono già mossi: il National Unity Party , il partito emanazione del vecchio Burma Socialist Pro- gramme Party che nel 1990 aveva avuto il 22% dei voti, è sceso in lizza in una nuova veste, meno le- gata ai militari. Il Democratic Party di Thu Wai e la Graduated Old Student Democratic Associa- tion , di idee democratiche, ma cri- tici verso la Lnd, uniranno le pro- prie forze e anche Sandar Win, fi- glia di Ne Win, sembra voglia for- mare una propria lista. Nelle aree tribali, dove la Lnd e l’i- cona di Aung San Suu Kyi non sono così inossidabili come nelle re- gioni Bamar, i movimenti si stanno muovendo l’uno per contro pro- prio. Per molti di loro, la nuova co- stituzione assicura una partecipa- zione alle decisioni locali mag- giore di ogni altra precedente, compresa quella del 1947, garan- tendo la costituzione di sei regioni autonome per i Wa, i Naga, i Danu, i Pa-O, i Pa Laung e i Kokang e la rappresentanza nei governi locali di 135 etnie. «Tutti i gruppi etnici con una popolazione maggiore di 57 mila unità hanno diritto ad avere un loro rappresentante - contesta Pu Cin Sian Thang, porta- voce del United Nationalities Al- liance , una coalizione di dodici partiti etnici contrari alla costitu- zione - ma non c’è alcun censi- mento che attesti la popolazione. Su che base potremmo rivalerci di questo diritto?». Il Karen National Union , che già aveva rigettato la costituzione del 1947 scegliendo la via della com- pleta indipendenza, ha ribadito il rifiuto di partecipare alle prossime elezioni, a differenza di altri gruppi etnici, come i Kachin, che negli ul- timi vent’anni hanno concluso ac- cordi di cessate il fuoco con Naypyidaw, la nuova capitale del Myanmar. «Dobbiamo difendere i nostri di- ritti e la costituzione approvata nel 2008, pur con i suoi difetti, con- tiene dei semi di democrazia. È per questo che abbiamo deciso di partecipare alle elezioni» mi dice James Lum Dau, vice ministro de- gli Esteri del Kachin Independence Organization e uno dei fondatori del Kachin State Progressive Party . PROBLEMI A VENIRE I maggiori problemi, però, nasce- ranno dopo che i risultati avranno stabilito quale governo dovrà im- porre la legge nel paese. Con il 25% dei seggi riservato ai militari, i generali continueranno ad avere un ruolo attivo nella politica del Myanmar, ma per la prima volta dal 1962 ai civili verranno aperte alcune nuove opportunità. «L’appoggio dei militari sarà co- munque indispensabile per appro- vare gli emendamenti - spiega un giornalista birmano - ma un 25% è sempre meglio che un 100%». In effetti, alcuni analisti hanno fatto notare che la soglia voluta dai militari potrebbe essere un primo passo di una transizione indolore verso un governo democratico e ci- vile, visto che un improvviso ritiro del Tatmadaw (l’esercito birmano) da ogni forma di potere, potrebbe far piombare il paese nel caos e in una sanguinosa guerra civile con la periferia. È anche per questo che le nuove autorità avranno il difficile compito di disarmare quei gruppi etnici che, nonostante ab- biano firmato l’armistizio, conti- nuano ad avere propri eserciti. Per rendere più accettabile la smobilitazione, la costituzione birmana prevede la formazione delle cosiddette «Forze di guardia alle frontiere». Le armi non sa- ranno più rivolte verso l’interno e verso i soldati del governo cen- trale, bensì verso l’esterno e usate contro altri gruppi etnici ri- belli (cosa, del resto, che già ac- cade). Il problema è che sino ad ora nessuno, tranne il Democratic Kayin Buddhist Army , ha accettato la proposta. Uno dei punti principali su cui ci si confronterà, sarà l’elezione del presidente, che dovrà essere resi- dente in Myanmar da almeno 20 anni (e quindi vengono esclusi tutti i dissidenti), non essere sposato con stranieri (in questo caso Aung San Suu Kyi, in quanto vedova, po- trebbe essere eletta) e non avere figli con passaporto straniero (è questa la clausola che esclude la Lady dalla presidenza). Anche qui, i militari hanno il diritto di presentare uno dei tre candidati 52 MC SETTEMBRE 2010 MYANMAR # Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la pace nel 1991 e paladina della causa democratica in Birmania, ha compiuto 56 anni il 19 giugno scorso. # Generali Than Shwe e Maung Aye: capi indiscussi della giunta birmana e feroci dittatori.

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