Missioni Consolata - Settembre 2010
Council ), la giunta militare che go- verna la nazione, affinché alla loro dipartita poco o nulla cambi. Tutti e due sanno che in Myanmar non è mai accaduto che vi fosse un tra- sferimento di poteri pacifico. La loro unica preoccupazione, quindi, è trovare il modo di mettersi da parte volontariamente, preser- vando gli interessi economici e po- litici delle loro famiglie. Nel frattempo tutto rimane come sospeso. Il futuro del Myanmar ri- mane drammaticamente certo nelle proprie incertezze. È certo che nel 2010 si terranno le elezioni generali, ma non è ancora dato sapere quando verranno aperte le urne. È certo che i militari conti- nueranno ad avere un ruolo fonda- mentale nel governo del Paese, ma non si sa chi sarà chiamato a gestirlo. È certo che Aung San Suu Kyi non potrà ricoprire cariche istituzionali, ma non si sa se il go- verno manterrà la promessa di li- berarla a novembre. È certo, in- fine, che la popolazione non si aspetta rivelazioni clamorose dai risultati elettorali, ma non è chiaro in quale verso muterà la situa- zione sociale ed economica. Speravo che, scegliendo un allog- gio da quattro soldi, riuscissi a mi- metizzarmi, ma alla fine quel giorno è arrivato: ho fatto le valige e mi sono cercato un’altra stanza. Prima di andarmene, Win mi ha abbracciato sussurrandomi: «Spero che presto la situazione cambi: i militari non possono du- rare per sempre». INCERTEZZE... CERTE Per sempre no di certo, a lungo, invece, sì. Probabilmente Win, che si avvia verso la settantina, non riuscirà a vedere l’auspicato cam- biamento. Prima, infatti, dovranno sparire i due generali che domi- nano la scena politica del paese: Than Shwe e Maung Aye. Entrambi sono malati e vecchi, è vero, ma da anni stanno manovrando l’Spdc ( State Peace and Development MYANMAR 50 MC SETTEMBRE 2010 «L’insicurezza rende tutto più diffi- cile da affrontare - racconta Htway, uno studente universitario di Yangon -. È frustrante osservare che tutte le speranze di una rina- scita vengono spente quando inco- minciavamo a credere nel cambia- mento». Zeya, sua amica, aggiunge: «A questo punto preferirei sapere che niente cambierà in Myanmar. Al- meno avrei una certezza su cui co- struire la mia vita. Non voglio più lottare per un’illusione». C’È POCO DA RIDERE Non tutti, per fortuna, la pensano come Zeya. A Mandalay, ad esempio, U Pa Pa Lay e U Lu Zaw, in arte The Mou- stache Brothers , da anni sfidano la censura rappresentando ogni sera, in una stanzina di tre metri per quattro, uno spettacolo sati- rico che mette in ridicolo la giunta militare. La popolarità ri- scossa tra i turisti in visita nella vecchia capitale, ha contribuito a proteggerli da eventuali rappre- saglie. La fama nazionale, invece, non è servita al dentista U Maung Thura, più noto con il soprannome di Zar- ganar, la cui comicità, più pun- gente e diretta, non ha riscon- trato, tra gli stranieri, lo stesso entusiasmo riscosso dai Mousta- che Brothers. Questo è stato suf- ficiente perché i suoi denti fossero spaccati dalle spranghe dei mili- tari. «Oramai sono un dentista senza denti. Chi andrebbe a farsi curare da un dentista che ha perso tutti i suoi denti?» ha scher- zato qualche anno fa, quando l’ho incontrato poche settimane prima che fosse di nuovo rimesso in pri- gione. Le sue battute restano memorabili e vengono ancora sussurrate nelle serate conviviali e goliardiche: «In Birmania i dentisti non hanno la- voro perché nessuno osa aprire bocca»; oppure la famosa storiella di tre ragazzini che si ritrovano a raccontare le gesta dei loro pa- renti: un cugino senza braccia che ha attraversato a nuoto l’Ayeyarwady, un fratello senza gambe che ha scalato la monta- gna più alta del paese, risultano ben poca cosa rispetto allo zio del terzo ragazzino che «pur essendo senza testa, governa un’intera nazione!». # Venditrice di stoffe sull’Irrawaddy, fiume navigabile che attraversa tutto il Myanmar.
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