Missioni Consolata - Settembre 2010
44 MC SETTEMBRE 2010 Se questa è la politica degli Stati Uniti e di Obama, niente ha a che vedere con la pace. Credo che la pace sia un’altra cosa. La pace è un progetto di vita. Obama ha un progetto di morte (2) ». Tuttavia, l’elezione di Obama ha generato molte speranze, so- prattutto al di fuori degli Stati Uniti... «Io capisco che Obama è arrivato al governo, ma non al potere. Una cosa è ciò che Obama può volere come persona, altra è ciò che può fare come capo di una potenza che gli impone condizioni. Lui è schiavo di alcuni centri di potere: il complesso militare statuni- tense, il Pentagono, la Cia, le grandi imprese multinazionali». Lei insiste sempre molto sul ruolo che le imprese multina- zionali hanno nella situazione mondiale. «Le multinazionali non hanno frontiere e si muovono nel mondo in funzione di saccheg- giare le risorse dei popoli. Le Nazioni Unite hanno lanciato un allarme sulla sovranità alimen- tare. Secondo la Fao, ogni giorno nel mondo muoiono di fame Lei è premio Nobel per la pace come il presidente degli Stati Uniti Barack Obama. Come si sente? «Sono rimasto sorpreso - ri- sponde con un sorriso -, ma gli ho inviato una lettera di compli- menti. Ho scritto ad Obama che mi aveva sorpreso la sua designa- zione, ma che ora, in quanto pre- mio Nobel, doveva essere coe- rente, lavorando e lottando per la pace. Però, lamentabilmente, Obama ha subito una meta- morfosi. Ogni giorno di più si sta mimetizzando con George Bush. Non può essere che installi 7 basi militari in Colombia, che concordi con la riattivazione della IV Flotta della marina, che mandi 30.000 soldati in Afghani- stan in una guerra persa, ag- giungendo morte e dolore alla vita di quelle genti. Inclusa a quella dei soldati Usa e della Nato che tornano morti o irrecu- perabili per il resto dell’esi- stenza. Queste sono le guerre dei paesi ricchi contro i paesi impoveriti. Sono guerre economiche e per l’appropriazione delle risorse naturali. 35.000 bambini. Come si chiama questo? Questa è la sfida che dobbiamo affrontare. Le grandi multinazio- nali lavorano sulle monocolture. Ma la natura non ha mai creato monocolture, ma diversità per generare l’equilibrio. Stanno di- struggendo una creazione di Dio. Soltanto piantando il seme della solidarietà e del lavoro, si pos- sono generare la pace e la vita». Per tornare alla domanda ini- ziale, allora perché l’Accademia svedese ha assegnato il premio Nobel per la pace a Barack Obama? «Francamente non lo so. Come - a dire il vero - non so perché lo diedero a me. Credo che si sba- gliarono anche nel mio caso. Per- ché io sono un ribelle permanente di fronte alle ingiustizie. Sì, un ribelle, ma nella speranza». LA CHIESA, LA FEDE, LA SPERANZA Un ribelle di base cristiana… «Sì, io ho una base cristiana, che per me è fondamentale. La mia fonte è il vangelo. Io sono cre- sciuto con i francescani. E seguo «LE IMPRESE MULTINAZIONALI SONO LE PRINCIPALI RESPONSABILI DELLA DISTRUZIONE DELL’AMBIENTE». # Un momento dell’intervista ad Adolfo Pérez Esquivel. RITRATTI ARGENTINI/2
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=