Missioni Consolata - Settembre 2010
MC QUEL CHE RESTA DI BOUKMAN 40 MC SETTEMBRE 2010 P adre Enzo Viscardi, missionario della Conso- lata, psicologo, è docente all’Università Catto- lica di Milano. È al suo secondo viaggio ad Haiti (dopo il sisma) per lavorare sulla «rimo- zione del trauma» con seminaristi, preti e religiosi. Lo abbiamo incontrato a Lilavois, periferia di Port- au-Prince, dai missionari Scalabriniani. «Si parla di disturbo post traumatico da stress. Il ri- schio maggiore è la non azione, l’incapacità di riatti- varsi, restare a contemplare le macerie e non fare nulla. Poi ci sono reazioni tipo la disperazione o la negazione, per cui non vedi la situazione reale. Senza contare le varie conseguenze che si portano avanti nel tempo, come allucinazioni, ansie improv- vise, difficoltà di rimanere in posti chiusi, fino a pro- blemi fisici, come tremiti del corpo, ecc. Il fatto è che questi disturbi diventano cronici alcuni mesi dopo l’evento. Per questo l’intervento dovrebbe essere fatto all’inizio». Lui e la sua équipe sono intervenuti a diversi livelli. «Si parte dai dati scientifici che descrivono la realtà. Per questo abbiamo fatto interventi su cos’è il terre- moto, come ci si può salvare, come gestire l’emer- genza. Dopo si fanno esempi concreti per dare loro il senso che si può ricostruire partendo dalle piccole cose. Se prendo un mattone un giorno e domani ne prendo un altro e lo metto sopra, dopo due giorni sarà an- cora lì. Perché il senso che ti rimane è quello dell’i- nutilità di ricostruire, in quanto poi tutto sarà di- strutto». Poi si passa a terapie individuali e di gruppo. «Questo consiste soprattutto nel far raccontare alla persona quello che ha vissuto, nei particolari. C’è bi- sogno di ricordare. Tra le conseguenze ci sono anche le amnesie. La gente non ricorda per negazione. Ha bisogno del racconto personale e l’ascolto del rac- conto degli altri, per questo i racconti si fanno in gruppo. Ha bisogno di ricollegare, rimettere insieme i pezzi di una situazione che è stata molto traumatica. Chi subisce un trauma di questo genere, quando ini- zia a raccontare poi va avanti e fa uscire quello che ha dentro. Però non basta. L’intervento non si deve fermare al solo racconto ma si passa alla ricostru- zione, quindi alla rimotivazione». Dentro chi ha vissuto il terremoto nascono molte domande. Come mai io ero qui, mi sono salvato e la persona che era a cinque metri da me io l’ho vista morire? Come i seminaristi dei padri Camilliani, salvi nel parcheggio mentre i loro colleghi, già in macchina, venivano sepolti dalle macerie. E tantis- simi altri casi. «A queste domande si risponde in modo pericoloso, come: chi meritava di vivere o di morire … Di fronte a un’esperienza estrema come questa dove, come dice il Vangelo “uno viene preso e l’altro viene la- sciato” occorre lavorare sul senso e sul significato di quello che è successo non solo a livello fisico ma di motivazione e senso della vita». «Qui ad Haiti c’è stata la questione di chi ha man- dato il terremoto. Dall’inizio l’interpretazione più frequente è legata al vudù. Oppure a Dio che “ci ha puniti un’altra volta per i nostri peccati”. L’imma- gine di Dio contro questo popolo sempre molto mar- toriato. L’intervento sui significati io l’ho fatto da prete, con celebrazioni, messe. Ho parlato della bontà del Padre che non è lì a decidere di fare il ter- remoto sui cattivi o sui buoni». L’analisi di padre Enzo si spinge a scovare alcuni aspetti «positivi, se possibile» del terribile evento. «Ci sono due o tre esperienze che la gente ha fatto, soprattutto i giovani. «Ricostruire» La Persona LA PAROLA ALLO PSICOLOGO (MISSIONARIO) Padre Enzo Viscardi, psicologo e missionario della Consolata, con un suo assistito.
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