Missioni Consolata - Settembre 2010

città bassa, ba lavil , il centro nevralgico, è il più col- pito e con lei molti edifici pubblici e simbolici. Dal palazzo presidenziale a diversi ministeri e uffici go- vernativi. La cattedrale, la chiesa del Sacro Cuore. Alcuni hotel rinomati. Molte le scuole crollate o dan- neggiate, così come gli immobili dell’università. E il traffico vuol dire movimento, commercio, lavoro, vita. Sì, Port-au-Prince è viva, vitale, molto più di quello che ci si possa aspettare dopo il dramma che l’ha colpita e dopo le immagini che abbiamo visto at- traverso i mass media. Già dal mattino presto il for- micaio umano si attiva. Uomini e donne con il vestito «buono» cercano di infilarsi su uno degli innumere- voli tap-tap per recarsi in ufficio. Mamme e papà zig-zagando nel traffico, accompagnano per mano il figlioletto a scuola, vestito con l’impeccabile uni- forme. Gli operai si accalcano per attraversare il cancello del Parc Industriel Métropolitain (ampia area recintata e controllata nella periferia Nord), dove faticheranno tutta la giornata per poco più di un dollaro, in una delle tante fabbriche manifattu- riere. Le madam sara - donne commercianti al det- taglio di ogni cosa, dal sale alla verdura, dai qua- derni ai prodotti di bellezza - sono già appostate con i loro grandi cappelli di paglia nelle vie di mercato. Segni di quotidianità. Di voglia di vivere. «La gente ha subito reagito – ci racconta l’amico giornalista Gotson Pierre – il giorno stesso. Non si è fermata un istante. Se si fossero fermati sarebbe stato peggio, avrebbero avuto più difficoltà a riprendersi. Invece hanno cominciato subito: a soccorrere i feriti, a to- gliere macerie». E una grande solidarietà umana, da tempo perduta in questa città caotica e violenta, sembra rinata, come ci spiega Suzy Castor, nota storica e politica haitiana: «La solidarietà interhaitiana è venuta fuori fin dal primo giorno. Ci si lamentava molto della mancanza di questo valore, ma con il terremoto è stata spontanea. Si vedevano delle cose straordina- rie che rasentavano l’eroismo». E continua: «Il terre- moto è stato duro, terribilmente. Ma due o tre giorni dopo la vita è ricominciata. Per me è straordinario questo dinamismo di cui ha fatto prova il popolo hai- tiano. Questa forza nella disavventura, è una grande fortuna che abbiamo». CITTÀ NELLA CITTÀ Ma il paesaggio urbano di Port-au-Prince non è cambiato solo per le case distrutte. E i mucchi di macerie lungo le strade fatti da chi, faticosamente, toglie pezzo per pezzo quello che resta della propria casa e lo ammucchia in strada, nella speranza che un giorno qualcuno porti via tutto. Ovunque in capi- tale, come nella vicina Petion-Ville (comune adia- cente dalla parte montagnosa, abitato dalla classe media) e a Léogane, epicentro del sisma, sono com- parse tende di ogni specie e forma. Qualsiasi spazio aperto, piazza, campo sportivo, cortile è diventato una tendopoli. Lo sono i Champs de Mars, giardini di fronte al palazzo presidenziale, lo è la piacevole piazza Saint Pierre, nel centro di Petion-Ville. Ci MC QUEL CHE RESTA DI BOUKMAN 30 MC SETTEMBRE 2010 sono zone dove al posto delle tende si trovano an- cora i ripari di fortuna, fatti da lenzuoli, stuoie e teli colorati. Altrove sono i teloni blu degli aiuti umani- tari che hanno avuto la meglio. Anche a Canapé Vert, bel quartiere residenziale che si arrampica sulla collina, come a Pacot, a Tourgeau, a Bois Patate, file di tende a igloo, dalla due posti alla famigliare sono allineate sui bordi delle strade ren- dendo difficile il passaggio. Sulla route Nazionale 2 , in uscita dalla capitale verso la città satellite Carrefour, i ripari di fortuna si trovano addirittura nell’isola tra le due carreggiate. Camp Fierté è una tendopoli o «centro di acco- glienza» come sono anche chiamati, nel cuore di Cité Soleil, una delle più grandi e tristemente cono- sciute (anche prima del terremoto) bidonville di Port-au-Prince. Qui è difficile lavorare, la tensione è sempre palpabile, proprio per la popolazione che abita questo quartiere e la sua storia. Il campo è as- sistito da Medici senza frontiere e dall’Ong italiana Avsi. Sotto alcune grosse tende si è ricreata una scuola e un ambulatorio per consultazioni e prime cure dove si avvicendano medici italiani, sempre con

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