Missioni Consolata - Settembre 2010
L ’ aereo che ci porta a Port-au-Prince atterra sotto una pioggia battente. È buio pesto perché è sera inoltrata. Non pensavo che la pista della capitale avesse le luci. Il bus interno ci recupera e ci lascia ad un hangar poco lontano. È qui che sono stati allestiti gli arrivi dell’aeroporto Toussaint Louverture, danneggiato durante il si- sma del 12 gennaio. Una poliziotta gentile ci timbra il passaporto e poco dopo una doganiera assonnata ci indica di uscire. Tutto è tranquillo e normale. La stagione delle piogge è cominciata e con lei gli allagamenti di strade, cortili, terreni. PER LE STRADE DELLA CAPITALE Il mattino Port-au-Prince ci accoglie con il suo solito caos. Con i tap-tap smarmittati carichi di gente, e i giganteschi camion americani «Mack» che non guardano in faccia a nessuno prendendosi la strada come e quando vogliono. Le lunghe file di mezzi di ogni tipo a passo d’uomo lungo le arterie principali. Sotto un sole caldo e un’umidità che induce una traspirazione continua. Se si prende un appuntamento bisogna con- tare più di un’ora per un qualsiasi trasferimento: il tempo è aleatorio, non è una variabile di nostro dominio. Ma il traffico congestionato, i blokis , come si dice in creolo, sono una costante di questa città, almeno negli ul- timi 15 anni. Non è certo una scoperta del terremoto. Ci rinfranca vedere che la capitale non è distrutta. Molte case sono crol- late, ma molte hanno resistito. È strano notare come sia successo a «scacchiera»: un edificio in perfette condizioni a fianco di un altro ridotto a un mucchio di macerie, o ancora a una casa molto danneggiata. La di- struzione è avvenuta di più in certi quartieri piuttosto che in altri. La SETTEMBRE 2010 MC 29 ALLA RISCOPERTA DELLA CAPITALE CARAIBICA Sono passati alcuni mesi dalla grande tragedia del 12 gen- naio. La stagione delle piogge è arrivata e dopo di lei quella degli uragani. Port-au-Prince, con i suoi quasi 3 mi- lioni d’abitanti è una città ferita. Case distrutte e tendopoli si sono aggiunti al caos quotidiano, al caldo, all’umidità e agli odori forti. Ma la dignità è grande e una nuova solida- rietà sembra nata. Ritorno a Port-au-Prince
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