Missioni Consolata - Settembre 2010

scrosci di pioggia notturna? Quel che osservava era solo la gran nebbia mattutina e la rugiada ab- bondante in un ciclo continuo tra la foresta e l’atmosfera. Saltò al- lora dentro gli scavi e cominciò a studiare il terreno, strato dopo strato. Ed ecco lì il segreto sve- lato: un leggero manto di argilla impermeabile raccoglieva tutta l’acqua immagazzinata dall’humus della foresta. Evaporazione, con- densazione, nebbia, gocce di ru- giada sulle foglie, inumidimento dell’humus: un ciclo vitale conti- nuo dove la foresta assorbiva l’u- midità dell’atmosfera anche du- rante i periodi senza pioggia. Da qui allo scavo di gallerie che seguissero lo strato sotterraneo di argilla, il passo fu breve. Le gocce, milioni, miliardi di gocce divennero rivoletti. I rivoletti, convogliati nel- l’acquedotto, si trasformarono in vita per cento, mille, centomila persone in più. Un lungo cammino Dopo quarant’anni i risultati sono là, davanti a tutti. C’è una rete di oltre 250 chilometri di tubi con molti serbatoi sparsi sul territorio; ci sono centinaia di water points ( lett. punti acqua) e rubinetti co- munitari, in villaggi, posti di mer- cato e case; decine di scuole e centri di salute possono riempire i loro serbatoi, e oltre 270 mila per- sone e quasi 70 mila animali be- neficiano dell’acqua della foresta pluviale del Nyambene. Ogni giorno, quando le stagioni sono re- golari, 3 milioni e mezzo di litri vengono distribuiti (ca. 13 litri per persona, non contando gli ani- mali). Non molti secondo i nostri standard (noi consumiamo in me- dia 80 litri a testa al giorno!), molto meglio di quando di litri ne avevano solo 40 per famiglia alla settimana, ma ancora molto lon- tano dal livello minimo di 25 litri per persona al giorno suggerito dalle Nazioni Unite. Durante i periodi di siccità, che non mancano mai, l’acqua viene razionata e ridotta a un milione e mezzo di litri al giorno, equiva- lente a solo 6 litri a testa. Poco sì, ma … è vero, dopo quarant’anni di lavoro c’è ancora molto da fare per assicurare quello che è un bene essenziale e un diritto fondamen- tale di ogni uomo (checché ne di- cano certe convenzioni internazio- conti. Uno scavatore = lavoro per 100 operai per tre anni. Comperò pale, picconi e carriole; formò sul campo muratori e carpentieri, fa- legnami e scalpellini, idraulici e tubisti. Ed ecco là: nel 1971 a Tuuru bastava aprire un rubinetto e l’acqua scorreva in abbondanza. Ma … Ma non erano solo i piccoli di Tuuru ad aver bisogno di acqua. Lungo i 25 chilometri del tracciato quante capanne, quanti villaggi, quante scuole. Acqua, più acqua, ancora acqua. Però la sorgente iniziale era davvero piccola. Come accontentare tutti? Osserva- zione e gambe buone furono gli al- leati di fratel Mukiri (già, perché la gente aveva cominciato a chia- marlo così, il silenzioso ). L’osser- vazione, che gli fece notare come i canali appena scavati si riempis- sero d’acqua ogni santo giorno. Le gambe buone, che lo portarono ad esplorare ogni angolo della vasta foresta alla scoperta di sorgenti e rivoletti d’acqua. Da dove veniva quell’acqua che in- vadeva gli scavi, visto che non c’e- rano né sorgenti né ruscelli né nali manipolate dalle lobby dei si- gnori dell’acqua che ne vogliono la privatizzazione a tutti i costi). Evidenzio poi, tra gli altri, due grossi risultati: il centro per bam- bini polio a Tuuru è quasi senza clienti e, dopo quarant’anni, il pro- getto continua a funzionare, cre- sce ed è pieno di nuove idee. Se pensate che questo sia un risul- tato da poco, basta ricordare che moltissimi altri progetti contem- poranei o simili sono disastrati o defunti. Un sogno che cerca altri sognatori L’ultimo sogno? Fare una diga in foresta per creare un grande ba- cino artificiale sul torrente Ura (che si perde presto nel fiume Tana), e poter immagazzinare la maggior quantità possibile di ac- qua, sfruttando le piogge torren- ziali caratteristiche del posto. Ci sono già due piccole dighe che in- sieme immagazzinano 63,5 mi- lioni di litri di acqua, il sufficiente per ammortizzare 20 giorni di dis- tribuzione durante i periodi di sic- cità o di disastri naturali. Ma è niente quando la siccità dura per mesi, come è successo già più volte, l’ultima l’anno scorso, 2009, quando fu necessario razionare l’acqua per oltre cinque mesi. Così il non più giovane Giuseppe (il prossimo novembre avrà 78 anni) accarezza un sogno: una nuova doppia diga che raccolga prima 500 milioni e poi un mi- liardo di litri, allora sì, i lunghi pe- riodi di siccità non farebbero più paura, e ci sarebbe acqua anche per orti e piccoli campicelli. SETTEMBRE 2010 MC 19 # Da sinistra: una magnifica pianta nella foresta del Nyambene; la ca- scatella da cui ha origine il tor- rente Ura; il bacino della diga n. 2 in un giorno di nebbia; le gocce che trasudano nelle gallerie scavate sotto la foresta.

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