Missioni Consolata - Settembre 2010

miri Atroarí agradecem boa via- gem». Proseguiamo, accompa- gnati dagli auguri di buon viaggio della gente del posto. Lungo il percorso, altri segnali in- dicano la presenza di p. Giovanni: nella piazza di Caracaraì, paesone rurale non distante da Boa Vista, sorge una statua che ritrae p. Cal- leri con una donna india e un bam- bino, inaugurata pochi anni fa in ricordo del lavoro che il missiona- rio svolse con gli indigeni. « Seja bem-vindo nesta cidade » (Sii il benvenuto nella nostra città), così ci saluta a Boa Vista la Rua Padre Calleri – alle volte scritto con una L soltanto, alle volte con due.). Siamo arrivate nella città che con- serva i resti di nostro zio: mentre leggiamo e rileggiamo la targa po- sta sotto l’altare maggiore della chiesa matrice, sentiamo tutti i nostri famigliari vicini. Ci hanno accompagnato nel lavoro di recu- pero della memoria, sostenuto, in- coraggiato e sicuramente, vista la distanza che ci separa, ci staranno pensando. Non è l’ultimo incontro che faremo con i resti e con i ri- cordi di p. Giovanni, ma è sicura- mente il più intimo. In città scopriamo che si sta dif- fondendo la voce del viaggio delle sobrinhas netas (pronipoti) di p. Calleri e divertite ci lasciamo in- tervistare dalla radio FM Monte Roraima: «Quale messaggio può trasmet- tere p. Calleri ai giovani?» ci do- mandano; ce lo siamo chiesto molte volte presentando la mostra alle tante scolaresche del cuneese che hanno avuto modo di visitarla. «Speriamo che l’esempio di p. Calleri sia di incoraggiamento per i giovani a percorrere strade anche difficili per perseguire le proprie mellata di guajava che i padri ci fanno trovare per colazione, zaini sul furgone coperti da teli per ri- pararli dagli improvvisi acquazzoni che si incontrano attraversando l’Equatore, si parte! Emozione, eccitazione, curiosità, consapevolezza del significato che ha per noi questa tappa del viag- gio, malinconia al tempo stesso, questi i sentimenti che ci accom- pagnano lungo la BR-174: ci sen- tiamo immerse nella storia e siamo vigili a ogni dettaglio e se- gnale che ci parli di p. Giovanni. La prima sosta è per visitare la «Escola Municipal Padre Calleri» posta ai confini tra la città e la fo- resta, costruita per accogliere i bambini delle diverse realtà circo- stanti che la raggiungono, chi in scuolabus, chi in canoa, chi a piedi. Ci fa piacere che questa scuola porti il nome di p. Giovanni soprattutto perché le sue classi miste (sia per età che per prove- nienza culturale), i colori allegri dell’edificio e i programmi di stu- dio che la direttrice ci illustra, ci trasmettono una sensazione posi- tiva. A pochi chilometri dalla scuola il paesaggio inizia a cambiare; la BR-174 si addentra nella foresta e una volta penetrati nella riserva indigena Waimiri Atroarí l’asfalto cede il posto alla terra rossa, unica concessione governativa ga- rantita agli indios per la salva- guardia del loro territorio. Un tempo una targa in metallo fissata su un tronco sul ciglio della strada commemorava la spedizione di p. Calleri; oggi rimane solo il tronco: la targa è stata purtroppo rubata. Un cartello avverte che non si pos- sono fare foto, buttare spazzatura, disturbare gli animali, fermarsi; con gentilezza aggiunge: «Os Wai- idee e quello in cui si crede». Queste parole ci guideranno anche nelle aree indigene… La regione de Las Serras «Influenza suina a Roraima. La Funai sospende l’entrata di visita- tori nelle terre indigene». Con questi titoli i giornali locali aprivano in quei giorni le loro edi- zioni. Erano i giorni caldi della feb- bre suina e noi vivevamo nell’in- certezza più assoluta: saremmo mai riuscite a visitare le aree indi- gene? In questi luoghi non avere certezze è prassi comune, lo avremmo ca- pito dopo poco. I missionari sono abituati a questa situazione e or- mai non si lasciano più scorag- giare. Devono essere gli indios a farci entrare nella loro terra, i missio- nari in questo tratto non possono venire con noi in quanto anch’essi considerati «visitatori». Il 15 ago- sto partiamo quindi con alcuni Ma- cuxí, tra cui il leader della comu- nità ( tuxaua ); ci penseranno loro a farci superare i posti di blocco. Nella complessità dello stato di Roraima, la Raposa Serra do Sol, area indigena che comprende cin- que comunità (Macuxí Wapichana, Tuarepang, Ingariko e Patamona), costituisce una realtà peculiare: situata nella punta Nord-est della Cabeça do Cachorro (regione dalla forma a testa di cane), al confine con la Guiana e con il Venezuela, è un’area continua indigena, conti- nua nonostante all’interno di que- st’area sia presente il municipio di Uiramutã, non indio, e il Governo abbia intenzione di costruire delle centrali idroelettriche (come quella della Cachoeira do Taman- duá, Rio Cotingo). Ci mettiamo in marcia per Uiramutã, sperando di poter proseguire per Maturuca, centro della comunità Macuxí. Il viaggio in macchina è lungo, su strada sterrata, e il nostro porto- ghese stentato non aiuta il dialogo con l’autista. Bastano però alcuni sguardi, rassicuranti. SETTEMBRE 2010 MC 13 MC # Margherita e Zelda con Jacir, tuxaua indigeno, con le collane di semi donate in segno di benvenuto

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