Missioni Consolata - Luglio/Agosto 2010
dicare e soprattutto poco reali, poco vissuti e troppo da «cattedra». Con questo vi faccio co- munque i miei auguri, spe- rando in una ventata di no- vità che aiuti a dare alla vostra rivista un volto nuo- vo e più spiccatamente missionario. Felice Di Cosimo Torino Gentile lettore, nonmi trova d’accordo sullamaggior parte degli argomenti che propone nella sua lettera, per altro già ampiamente oggetto di critica e dibattito in questa stessa rubrica. Ovviamente, la nostra ri- vista ha prese di posizio- ne che possono essere definite politiche, in quanto toccano la vita dell’uomo, il suo benes- sere, lemodalità del vive- re comune, ecc. Quindi, è vero, ci occupiamo «poli- ticamente» anche di quei temi che secondo lei «fanno spettacolo» (in realtà non riesco a coglie- re bene il senso delle sue parole) visto che entrano nella grande sfera della giustizia, della pace e del- l’integrità del creato. Quest’ultimo ambito, in modo particolare ha vi- sto un crescendo di sensi- bilità ed è prepotente- mente entrato a far parte della dottrina sociale del- la chiesa. Su due aspetti vorrei però darle ragione o, per lomeno, cogliere in quanto scrive lo spunto per un’ulteriore riflessio- ne e un approfondimen- to che, forse, la nostra ri- vista deve a chi ci legge. Il primo sta nell’invito ad essere «semplici» nel nostromodo di presenta- re lamissione. Non è faci- le essere buoni divulga- tori di realtà a voltemol- to complicate. Ha fatto bene a ricordarcelo, an- che se, ce ne va dato atto, cerchiamo di confinare gli argomenti un po’ più «specialistici» al consue- to numeromonografico o a qualche rubrica. Il secondo spunto lo colgo dalla «confusione» di fondo che traspare dal- la sua lettera. Credo sia figlia di quella «confusio- ne» più globale che tocca oggi il mondo dellamis- sione. Qualemissione per la chiesa oggi? che senso ha parlare di Ad Gentes in Occidente? Tut- te domande che, mi cre- da, sono il pane quotidia- no per chi lavora in una redazione come la no- stra. Missioni Consolata si occupa sovente di quan- to succede all’interno dei confini italiani, anche se preferiamo non invadere troppo il territorio di altri strumenti di comunica- zione sociale che, più specificatamente, rivol- gono le loro sensibilità religiose, sociali e politi- che al nostro paese. Noi preferiamo tenere aperta una finestra su quegli an- goli di mondo che, nor- malmente, non hanno voce. Riteniamo questo un nostro dovere specifi- co, comemissionari. Di una sola cosa voglio tranquillizzarla: Dio ri- mane il vero direttore e- ditoriale di Missioni Con- solata . Continueremo a parlare di lui e, soprattut- to, a farne intravedere la presenza (o a denunciar- ne l’assenza) nel nostro vivere quotidiano. redazione@rivistamissioniconsolata.it MC LUGLIO-AGOSTO 2010 7 ne parla; anche da noi ci sono persone meravigliose che lavorano per il bene degli altri e non se ne parla o se ne parla poco. Forse è molto più semplice e grati- ficante parlare della «di- versità lontana» e dell’im- pegno oltre frontiera, visto che impegnarsi quotidia- namente qui, a casa no- stra, non dà nessuname- daglia… e gratificazione. Siete la rivista dellaMa- donna Consolata e allora o- gni tanto parlate anche di Dio: incarnato negli uomi- ni e non solo nella politica. Non limitatelo soltanto a qualche riga o a qualche articoletto, a volte incom- prensibile, dei vostri bibli- sti! Le vostre interviste, i vostri dossier, sono belli e interessanti…ma la gente comune ha piacere di capi- re e di sapere cosa succede realmente inmissione, in modo semplice e non trop- po raffinato o studiato o spiccatamente ideologico. Le persone semplici sono anche quelle che da più an- ni vi leggono, che quando possono danno una piccola offerta, che magari prega- no per voi. Non sto dicendo di tornare indietro nel tem- po, ma ultimamente state perdendo credibilità con i vostri articoli sempre dello stesso taglio, pronti a giu- sia per quanto riguarda le persone che l’ambiente. Non è così e lo sapete be- ne, ma fa più comodo pen- sare. Sicuramente, i nostri genitori, quando emigraro- no in altri paesi, non trova- rono nessuno che scriveva articoli a loro favore, anzi… Non sto dicendo che tutti i delinquenti siano stranieri, per carità; e neppure vorrei fare del razzismo spicciolo. Ma sono convinto che spesso ci si dimentica che lamissione è anche qui ed è anche verso coloro che ri- teniamo «normali» e di cui spesso non si conoscono drammi, disperazioni ecc... Perché non parlate mai, nel modo che vi contraddi- stingue, di coloro che sof- frono anche da noi, senza andare a finire ai terremo- tati o alle solite cose retori- che. A volte mi piacerebbe trovare nella rivista una maggiore apertura verso i problemi della gente co- mune italiana, delle fami- glie italiane, dei bambini i- taliani, delle donne italia- ne, dei giovani italiani che come le altre persone in al- cune parti del mondo lot- tano ogni giorno per so- pravvivere in una giungla a volte peggiore di quella reale, perché più infingar- da. Anche da noi ci sono i poveri e i disperati e non se
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