Missioni Consolata - Luglio/Agosto 2010

MISSIONI CONSOLATA to fondi esterni, erano risparmi dei produttori. Io ho fatto venire degli ex allievi che hanno aiutato a innovare, inventare astuzie e idee, conformi al- la mentalità del contadino». Celebri sono i motti della struttu- ra, che ne riassumono la sua filosofia d’azione: «Sviluppare senza rovina- re» e «la nostra cultura è la natura». «Non abbiamo voluto cambiare la cultura africana, l’identità, la menta- lità dei contadini, abbiamo rispetta- to quello che abbiamo trovato sul posto, e piano piano abbiamo por- tato delle migliorie. Siamo stati visitati da una Ong che avevo incontrato a Ginevra, il Conseil æcoumenique des eglises .Hanno ini- ziato a collaborare con noi.Ci ha da- to dei carretti, fornito unminibus.A quel punto abbiamo sentito la ne- cessità dei soldi. Poi l’ambasciata di Francia, ha sa- puto che qualcuno faceva sviluppo a partire da strutture tradizionali. È venuta a vedere.Così hanno iniziato ad appoggiarci. A Ginevra mi hanno consigliato di andare dalla Cooperazione svizzera. Ha funzionato e ci hanno finanziati». Creare a partire da quello che si ha Ma quali ideali hannomosso Ber- nard Lédea? Perché questo impe- gno quando poteva continuare la carriera di funzionario o diventare un ricco imprenditore? «Per lottare contro la fame. Per la- MC LUGLIO-AGOSTO 2010 45 zione, scomparsa della solidarietà e- conomica e sociale.Abbiamo cerca- to delle soluzioni». E fu così, sotto quella tettoia, che nacque l’idea dei Gruppi Naam, an- cora oggi una delle maggiori orga- nizzazioni contadine dell’Africa del- l’Ovest. Dalla tradizione all’innovazione «Cosa fare? Ci incontriamo, ci or- ganizziamo e poi andremo a lavora- re. Ma come? Lo stato aveva già messo in piedi dei gruppi di villag- gio. Io ho detto no, occorre trovare un’organizzazione tradizionale, una modalità che la gente conosce, che vive, che vuole. Per non“dominare” ho seguito questo processo. Ed è per questo che mi hanno accettato. Esistono tre forme tradizionali, tra cui il kombi naam (potere dei giova- ni, in lingua moore , ndr ).Ci siamo serviti dei tre modelli all’inizio, poi ci siamo resi conto che quest’ultimo è una forma molto democratica e cooperativa. I kombi naam si creano spontaneamente in campagna, du- rante la stagione delle piogge. Ho quindi impiegato degli anima- tori e li ho formati affinché mi aiu- tassero. Sono nati i primi Gruppi Naam ispirati al modello tradiziona- le. In seguito abbiamo creato una fe- derazione nazionale». Il giovane Bernard intuisce come dare un ruolo ai giovani e alle don- ne. Questi strati sociali sono infatti oppressi da sempre, perché sotto- posti al potere del capo famiglia. «Tutti i valori che viviamo nell’as- sociazione, sono quelli del kombi naam tradizionale.Non abbiamo in- ventatomolto,ma estratto, applica- to e fatto qualche piccola innovazio- ne. E mai a caso,ma a partire da quello che la gente voleva. Ad esempio nelle strutture naam tradizionali il tesoriere non sa scrive- re e i soldi si perdono.Ci siamo detti che ci vuole gente alfabetizzata.Chi sapeva doveva insegnarlo agli altri. Abbiamomigliorato,ma senza im- porre nulla.Nel nostro caso erano i soldi dei raccolti: sesamo, arachide, ecc. Per 10 anni non abbiamo ricevu- Contadini Naam impiegati nella coltivazione di ortaggi, realizzata grazie a irrigazione manuale.

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=