Missioni Consolata - Luglio/Agosto 2010
MISSIONI CONSOLATA MC LUGLIO-AGOSTO 2010 41 coloro che devono essere tenuti fuori, segregati come i lebbrosi. Vi sono rinchiuse persone che, per una ragione o per l’altra hanno provocato la morte di innocenti, hanno rubato, distrutto o saccheggia- to le proprietà altrui, causando incubi, terrore, giorni di lacrime, traumi indicibili a centinaia, se non a migliaia di persone. Uomini che si sono resi complici nel depredare il paese delle sue risorse, che hanno ostacolato la giustizia in tutte le manie- re e che spesso continuano a seminare terrore e ri- catto perfino da dentro le mura delle loro celle. La lista è senza fine. In sintesi la prigione di Kamiti è la casa, di coloro che hanno lavorato contro tutti i valori del vangelo e della società. È a queste persone, che la società teme, che da ol- tre dieci anni padre Eugenio Ferrari, un missionario della Consolata 70enne, dispensa l’amore e la compassione di Dio. Lui li chiama affettuosamente «i miei bandoleros ». Li visita regolarmente ogni martedì e ogni qual volta i suoi numerosi impegni glielo permettono. Quando ritorna dalla prigione, anche se esausto, è sempre pieno di entusiasmo al solo pensiero di come persone racchiuse per anni nelle celle della morte in attesa di un’esecuzione che non viene mai (in Kamiti ci sono i condannati a morte, anche se in Kenya sono anni che nessuno è giustiziato, ndr.), in carcere da tempi immemorabi- li, possano essere così gioiose, partecipare così fe- stosamente all’Eucarestia, avere un coro così viva- ce. Persone che gli credono quando Eugenio dice loro che Dio li ama e aspetta solo che ritornino a Lui. P. Eugenio, ben conosciuto dalle guardie car- cerarie, gode di un privilegio negato agli stranieri: può entrare e uscire dalla prigione senza formalità. Se fermato da una guardia novellina o da uno in ec- cesso di zelo, ecco che immediatamente i colleghi intervengono: «Lascialo passare, non vedi che è il Father (padre) che va a dire messa?». È chiaro che la ragione principale per cui padre Fer- rari visita Kamiti è la salvezza spirituale dei suoi re- sidenti. Infatti durante questi anni ne ha battezzati e cresimati centinaia, senza contare le moltissime confessioni. Non si accontenta però soltanto della salvezza dell’anima, ma ha a cuore la dignità dei prigionieri. Con l’aiuto di benefattori e dei parroc- chiani del santuario della Consolata in Nairobi (do- ve è viceparroco) procura loro cibo, oggetti per la loro igiene personale, medicine, vestiti caldi (a Nai- robi da giugno ad agosto il freddo è intenso), can- celleria, palloni, carte da gioco, libri di seconda mano, riviste (li ha anche abbonati al The Seed , il seme, la rivista che i missionari della Consolata pubblicano in Kenya; altre copie della stessa sono regalate dai parrocchiani) e quanto altro la fantasia e la necessità gli suggerisce. È da notare che non tutti i condannati sono ignoranti o illetterati, tra lo- ro ci sono anche fior di intellettuali e professori. Grazie ad un programma lanciato dall’ex-vicepresi- dente precedente, Moody Awori – un parrocchiano del santuario della Consolata –, che era anche il re- sponsabile delle prigioni e vi ha portato una nuova ventata di dignità e diverse iniziative per renderle più umane, i carcerati sono incoraggiati a studiare e coloro che ne hanno la qualifica insegnano agli altri prigionieri. P. Eugenio procura loro libri e stru- menti didattici ed è bello vedere che ogni anno ci sono dei prigionieri che siedono per gli esami sta- tali di terza media o di maturità. Naturalmente il tutto è fatto senza parzialità e di- scriminazione. Il suo servizio non è solo ai cattoli- ci, ma a tutti: protestanti, tradizionalisti, musulma- ni e indù fruiscono ugualmente dei suoi servizi e delle sue attenzioni. Per poter far questo si giova della collaborazione dei catechisti della prigione (la Conferenza episcopale ha una rete di cappellani e catechisti in tutte le prigioni del Kenya), con i quali monitorizza le situazioni più delicate. Sono i cate- chisti i suoi principali aiutanti nel distribuire gli aiuti e coloro che danno continuità alla formazione e catechesi; con essi ha dovuto insistere molto sul- l’imparzialità e la giustizia, affetti come sono da una realtà impastata di corruzione, tribalismo e fa- voritismi. P. Eugenio è davvero un padre per i suoi bandoleros e con il suo atteggiamento li aiuta a capire coi fatti che, se anche il loro passato non è proprio esempla- re e raccomandabile, Dio li ama e che è nel suo amore che possono ritrovare tutta la loro dignità di figli di Dio. Un genuino rapporto con Dio li aiuta a ritrovare rispetto di se stessi e il coraggio di cambia- re vita e vivere con dignità anche di fronte alla con- danna a morte. Li aiuta a riscoprire la Parola di Dio, li incoraggia alla preghiera, si rende disponibile per interminabili confessioni. In prigione ha promosso la nascita di molte piccole comunità cristiane nelle varie sezioni, ognuna sotto il patrocinio di un santo, tra cui S. Giuseppe Cafasso e il beato Giuseppe Alla- mano. Per questo i prigionieri di Kamiti si sentono vicini ai missionari della Consolata e per loro prega- no, sia nei momenti di gioia (come per la celebrazio- ne del centenario della presenza dei missionari in Kenya) che in quelli tristi (come in occasione del tra- gico evento dell’uccisione di padre Bertaina). Suor Agnes Mwonjaru Insegnante presso la Consolata School, Nairobi. Nella pagina accanto, celebrazione liturgica a Kamiti. Sopra, inaugurazione del centro di pastorale carceraria intitolato a San Giuseppe Cafasso.
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=