Missioni Consolata - Luglio/Agosto 2010

MISSIONI CONSOLATA MC LUGLIO-AGOSTO 2010 21 mente, c’era l’umiliazione sistematica e quotidiana, come nel sottotetto del terzo piano.Era denominato capucha (cappuccio),perché i sequestrati che vi erano rinchiusi era- no tenuti incappucciati.Oltre al sacco nero sulla testa, le persone avevanomani e piedi ammanettati e un numero al posto del nome. I prigionieri arrivavano alla capucha do- po essere stati interrogati e torturati nello scantinato,posto in cui tornavano - lo vedremo - al momento del traslado . La parte del piano opposta alla capucha era adibita a pañol e pecera . La pecera era una serie di uffici dove venivano svolti compiti di vario genere (formazione di un archivio informativo, redazione di documenti, eccetera).Per questi lavori venivano utilizzati quei prigionieri che erano stati se- lezionati per seguire il cosiddetto «processo di recupero», recupero ad una vita occidentale e cristiana, secondo gli in- tendimenti dei militari. Il pañol era invece lo spazio dove venivano accumulati i beni dei sequestrati:mobili, elettro- domestici e ogni tipo di bene di un qualche valore.Ma il «bottino di guerra» più insopportabile era un altro... L E SOVVERSIVE INCINTE E IL FURTO DEI NEONATI Al terzo piano c’è anche la stanza dove le «sovversive» in- cinte venivano fatte partorire. È piccola, angusta, vuota, apparentemente insignificante.Ma basta l’indicazione sul cartellino - habitación para las embarazadas - per far com- prendere l’orrore. I neonati erano subito sottratti alle mamme per essere dati in adozione a famiglie di militari o di persone vicine ai golpisti. Si calcola che furono 500 i bambini rubati nei vari centri clandestini: il più terribile «bottino di guerra» della dittatura. Di questi, un centinaio sono stati rintracciati per merito della organizzazione delle «Nonne di Piazza di Maggio» (4), che da anni - sotto lo slogan «Non rimanere con il dub- bio» (« No te quedes con la duda ») - stanno svolgendo un la- voro investigativo straordinario. Lo scorso febbraio, la loro caparbietà ha portato al ritrovamento di Francisco Mada- riaga Quintela, «nipote recuperato n. 101».Così, a 32 anni dalla nascita, Francisco ha potuto conoscere ed abbrac- ciare Adel Madariaga, il suo vero padre. I L P ENTOTAL FACEVA VOLARE Per arrivare nello scantinato ( sótano ) si scendono 10 gra- dini. Si entra in uno stanzone, che al tempo della dittatura era diviso in vari spazi: le sale di tortura, un ufficio di falsifi- cazioni di documenti, un laboratorio fotografico, un’infer- meria, una sala per le guardie. Prima di restituire la citta- della della Esma alla città di Buenos Aires, la marina fece molti cambiamenti negli edifici, e in questo particolar- mente, per eliminare un po’di testimonianze di quel ver- gognoso passato.Ma non è bastato per cancellare la me- moria del luogo né per evitare che alcuni dei responsabili siano stati portati in giudizio. Per 19 militari e civili della E- sma ad aprile 2010 sono (finalmente) iniziati i processi. Nel sótano venivano portati i sequestrati appena giunti alla Esma. E qui subivano un primo interrogatorio nel quale la tortura era strumento essenziale. Se la persona sopravviveva, veniva trasportata alla capucha . Quando i prigionieri venivano riportati nel sótano per lo- ro era l’inizio della fine. I traslados , che di solito avveniva- no una volta alla settimana, venivano giustificati con il tra- sferimento in altre sedi. Invece, le persone erano caricate su aerei - Fokker, Skyvan, Lockheed Electra -, per essere get- tati nel Rio de la Plata o nell’Oceano. Sembra la trama di un filmdell’orrore, invece questo è il racconto di una realtà che durò per alcuni anni.Dei famigerati «voli della morte» (5) ha parlato anche Adolfo Scilingo, che con la sua confessione per primo ruppe il patto di silenzio dei militari (6). L’ufficiale ha raccontato che le persone veniva- no sedate con una iniezione di Pentotal , imbarcate sugli aerei, denudate e quindi gettate vive inmare.Alla Esma questo fu il metodo più utilizzato per far sparire i corpi dei sequestrati. Un altro noto ufficiale di marina e torturatore,Adolfo Donda, ebbe a dire ad una sequestrata della Esma duran- te il suo interrogatorio: «Questa è una guerra. E in guerra non si può essere teneri con il nemico. (...) È così: o vincia- mo noi o vincete voi, perciò conviene che ci racconti quel che sai...» (7). Il risultato di quella guerra è presto detto: dalla Esma passarono circa 5.000 persone, soltanto 200 sono sopravvissute. PaoloMoiola N OTE : (1) Unamappa dei centri clandestini dell’Argentina è visibi- le sul sito di Memoria Abierta: www.memoriaabierta.org.ar . (2) Istituto Espacio para lamemoria,Avda.Pte.Roque Sáenz Peña 547,Buenos Aires; www.institutomemoria.org.ar . Per richiedere una visita alla Esma: espacioparalamemo- ria@buenosaires.gov.ar. (3) La Esma è stata consegnata integralmente e quindi aper- ta al pubblico soltanto il 1 ottobre del 2007. (4) Abuelas de Plaza deMayo: www.abuelas.org.ar . (5) Si veda: PaoloMoiola, L’ultimo volo di MariaMarta ,MC maggio 2002. (6) Si legga:HoracioVerbitsky, El vuelo ,Planeta,Buenos Ai- res 1995. Il libro è basato sulla confessione di Adolfo Scilin- go, ufficiale di marina durante la dittatura. (7) InVictoria Donda, Il mio nome èVictoria ,Corbaccio 2010, pag.42.Adolfo Donda era il fratello del papà di Victoria.

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