Missioni Consolata - Maggio/Giugno 2010
MISSIONI CONSOLATA nito? non sanno che loro sono la causa dei miei bianchi capelli». Il ritmo diventa frenetico e fatale nel 1610. È l’anno in cui 5 mila man- darini arrivano nella capitale per e- sami e doveri d’ufficio;molti di essi vogliono incontrare di persona il «Saggio dell’Occidente» di cui han- no sentito tanto raccontare.Tutte queste visite e la dedizione in esse profusa, con l’anelito di far conosce- re il vero Dio Signore del Cielo e la sua buona notizia, finiscono per spossarlo. Il 3 maggio, ritorna a casa sfinito e deve mettersi a letto: spira la sera dell’11 maggio 1610, all’età di 57 anni, 27 dei quali spesi in Cina. L’imperatore, appresa la notizia, concede un luogo di sepoltura con tutti gli onori, per lui e per i suoi con- fratelli, un privilegiomai concesso fi- no a questomomento ad alcun stra- niero. Accolto in vita come «cinese» (cioè «civilizzato»), Li Madou è entra- to a pieno nella storia della Cina, stu- diato a scuola come gli altri sapienti autoctoni; il suo nome figura tra i pochi stranieri nell’enciclopedia na- zionale del paese. La sua tomba a Pechino è soprav- vissuta a quattro secoli di cambia- menti tumultuosi, guerre e invasioni. Distrutta e ricostruita per tre volte (l’ultima durante la Rivoluzione cul- turale di Mao), oggi è conservata nel cortile della scuola politica del Parti- to comunista cinese ed è venerata da credenti e non credenti, insieme a quelle di AdamShall von Bell e Fer- dinandVerbiest, suoi successori alla corte del Regno di mezzo. All’interno del MilleniumMuseum di Pechino, nel fregio che racconta la storia cinese,Matteo Ricci è raffigu- rato in veste di mandarino confucia- no che scruta i cieli dall’osservatorio astronomico della Città proibita: nel- l’immensa antologia popolata di im- peratori e ministri, generali e digni- tari, eroi della rivoluzione e intellet- tuali, il missionariomaceratese è l’unico straniero, insieme a Marco Polo, sconosciuto ai cinesi fino ai no- stri giorni. Lamarcia continua Pietra miliare nella storia della Ci- na, ammirato e venerato dai cinesi, Matteo Ricci è stato per secoli igno- rato in Occidente, oggetto di incom- prensione e opposizione, esplosa nella cosiddetta «questione dei riti cinesi». La controversia verteva su due punti: il nome di Dio, tradotto dal Ricci, ricorrendo ad antichi ter- mini confuciani, conTianzhu (Signo- re del Cielo) e Shangdi (Signore su- premo), e la partecipazione dei neo- convertiti a certe cerimonie pubbliche e private in onore di Con- fucio e degli antenati. Padre Ricci e i gesuiti permetteva- no tali usanze, giudicandole prati- che civili, per nulla in contrasto con la dottrina cattolica; altri missionari, soprattutto francescani e domenica- ni, le ritenevano espressioni di un’al- tra religiosità, in contrasto con il cul- to del Dio dei cristiani. Rimasta circoscritta a livello locale per 35 anni dalla morte del Ricci, la questione si complicò quando fu sottoposta alla congregazione di Propaganda Fide e poi al Santo Uffi- cio. Per un secolo si susseguirono decreti, legazioni e controversie tra tolleranti e intolleranti, con interven- ti intriganti di politici, teologi e uni- versità occidentali, finché nel 1742 la proibizione dei riti fu imposta ai mis- sionari sotto giuramento; fu pure proibito di risollevare il caso. Le conseguenze sono state deva- stanti per la missione: falliva il tenta- tivo di presentare il cristianesimo in veste cinese; fiorenti missioni rima- sero paralizzate, anche per l’espul- sione dei missionari, ormai visti co- me agenti di potenze straniere. Ci volle quasi un altro secolo per- ché la «maledetta questione dei riti» (definizione di Celso Costantini, pri- mo delegato apostolico in Cina) fos- se riesaminata e la liceità dei riti ve- nisse dichiarata con un decreto, e- manato da Pio XII nel 1939. Se Pio XII ha riconosciuto che il Ricci aveva ragione,Giovanni Paolo II, nel 1982, IV centenario del suo ar- rivo in Cina, ne ha esaltato la genia- lità apostolica, paragonandolo ai «Padri della chiesa», per il suo impe- gno nell’esprimere il vangelo nei termini e categorie della cultura ci- nese, come i santi padri avevano fat- to con la cultura greca. C’è ancora un passo da fare per- ché la sua grande marcia sia com- pleta: riconoscerne la santità. «Un santo - si legge al termine del suo li- bro Vero significato della dottrina del Signore del Cielo - è colui che si sfor- za di adorare il Signore del Cielo, che è modesto e auto disciplinato, e le cui parole e azioni superino quelle degli altri uomini, e il compierle sia al di là del potere umano». Non c’è dubbio che padre Matteo Ricci rientri in questi parametri di santità: in tutta la sua vita c’è molto più di divino che di umano. ■ MC MAGGIO-GIUGNO 2010 57 Nella pagina accanto, immagine della Città Proibita, a Pechino. Sopra, Li Madou, con uno dei suoi mappamondi. A destra, la tomba di Matteo Ricci, a Pechino.
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