Missioni Consolata - Maggio/Giugno 2010

VESCOVI D’AFRICA/3 lingua europea amministrativa del paese.Anche quelli che sembrano conoscerla, in fondo non la sanno. Così molti messaggi passano in su- perficie, non si arriva in profondità. Per quanto riguarda il linguaggio, possiamo veicolare unmessaggio pensando che le persone lo capisca- no. E invece hanno una intuizione più omeno vaga.Troviamo dei gio- vani che dicono di non sapere le lin- gue nazionali,ma in realtà non san- no neppure bene quelle ammini- strative. C’è bisogno di un linguaggio più inculturato. Esiste la bibbia nelle lingue africa- ne. Ma siamo indietro, almeno in Mozambico. I testi che utilizziamo sono quelli tradotti dai protestanti. Non abbiamo ancora terminato la traduzione cattolica. I protestanti fanno passare la loro teologia, così i cattolici si trovano svantaggiati. Inmolti paesi africani, i cattolici si sono occupati prioritariamente dei bambini, nelle scuole. In questomo- do non hanno avuto un approccio culturale orientato ad adulti. I protestanti hanno usato un lin- guaggio più comprensibile alla cul- tura africana, perché hanno comin- ciato con adulti.Un animatore pro- testante che parla al popolo, usa espressioni e simboli propri, e viene capito.Un animatore cattolico parla un linguaggio che la gente dice di capire,ma in realtà intuisce, più o meno. Anche in Occidente si dice che il linguaggio liturgico e di dottrina, è sfasato rispetto al pubblico delle nuove generazioni.Usa parole poco comprensibili. Stiamo subendo, in Africa australe un cristianesimo di stile protestante. Abbiamo un programma che fa parte dell’inculturazione, che inclu- de molte cose: gesti, simboli, imma- gini. Attraverso i quali dobbiamo tradurre, spiegare, i misteri cristiani e fare inmodo che siano alla portata della comprensione dell’africano». Molti paesi africani hanno vis- suto guerre.Altri le vivono anco- ra. La chiesa cosa fa? «Parlando del Mozambico, la chie-

RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=