Missioni Consolata - Maggio/Giugno 2010
DOSSIER 42 MC MAGGIO-GIUGNO 2010 la cultura popolare messicana, è molto chiaro che di mamma ce n’è una sola: chiunque sa che un uo- mo, anche se ubriaco, ha tutto il di- ritto di uccidere per difendere la di- gnità di sua madre. Identicamente, dentro quella stessa cultura, un uomo su 4, incluse alcune donne, ritiene che le donne sono violenta- te perché provocano gli uomini. Come possono esistere in uno stesso paese, tra la stessa gente, due sentimenti opposti - amore e odio - tanto profondi verso la figu- ra femminile? Per quanto riguarda il primo, an- che se la maggioranza delle madri messicane sono assenti perché debbono lavorare per sopravvive- re o per consumare, personalmen- te io spiego l’amore verso questa figura femminile attraverso il con- cetto di «maternaje matristico» di Humberto Maturana (3). Questo è inteso come lo spazio intatto del- la relazione tra una madre e suo fi- glio, dove - a dispetto di una cul- tura patriarcale fondata su relazio- ni di inimicizia, violenza e competizione - i piccoli beneficia- no di un mondo di relativa armo- nia, in cui le loro necessità sono soddisfatte quasi sempre attraver- so il vincolo di amore con la madre o altra figura femminile (la sorella, la tata, la nonna). Invece, per quanto riguarda l’o- dio, da dove proviene quando, es- sendo tanto profondo, va oltre l’i- gnoranza e i desideri cattivi? Cre- do che quell’odio deriva da un processo storico che si è consoli- dato con la conquista. Il lavoro di María J. Rodríguez-Shadow (4), che parte dall’archeologia e dalla etno- storia, ci conferma la esistenza di una simmetria e di una equità di genere nelle società del Messico preispanico all’iniziodel cosiddet- to periodo preclassico (5). Questo tipo di società, basate sull’armo- nia, si andarono debilitando al sor- gere dello stato, che iniziava ad esercitare il controllo sulle capacità riproduttive della donna così come sulla segregazione del lavoro. Nel periodo postclassico, prima della conquista, la stratificazione socia- le era giàmolto grande come lo era la diseguaglianza tra i generi. Le donne infatti erano discriminate nella politica, nel lavoro e nella re- ligione. Sottomesse e sfruttate Durante la conquista e durante la colonia, la condizione della don- na peggiorò ancora di più. Per dir- la con le parole di Octavio Paz (6), la conquista fu «una violazione non soltanto nel senso storico, ma nella stessa carne delle donne in- digene». La donna indigena soffrì sessualmente, fisicamente e men- talmente a causa dei conquistado- res , mentre questi si appropriava- no della sua capacità riproduttiva, obbligandola ad avere tanti figli fi- no a perdere la propria capacità erotica nei rapporti sessuali. La donna messicana, indigena o meticcia, subì nel tempo la sotto- missione sessuale e riproduttiva, finché l’oppressione divenne con- suetudine in ogni aspetto dell’esi- stenza femminile. Nonostante la donna soffrisse la violazione si- stematica dei suoi diritti, il suo ruo- lo nella economia domestica, co- munale e coloniale non subì cam- bi rilevanti. La donna continuò a lavorare e il suo lavoro fu parte in- dispensabile nelle diverse econo- mie, anche quando tutti i suoi di- ritti - sessuali, politici, religiosi - fu- rono annullati o diminuiti. Senza lo sfruttamento della donna nessun sistema economico si sarebbe so- stenuto o sarebbe fiorito né nel Messico preispanico né nel Messi- co coloniale. Finita la colonizzazione, continua l’oppressione Dopo l’indipendenza le cose non cambiarono. Le donne messicane di oggi lavorano e lavorano molto, anche se il loro contributo non vie- ne riconosciuto e valorizzato negli indici nazionali di sviluppo econo- mico. A tal punto che, nel 2009, su 41,4 milioni di messicane maggio- ri di 14 anni ben il 62,3% hanno svolto lavoro non remunerato. Secondo l’Istituto nazionale di statistica e geografia, all’interno dei loro compiti, le donne messi- San Cristobal de las Casas, Chiapas: una protesta di donne sul sagrato della cattedrale.
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=