Missioni Consolata - Maggio/Giugno 2010

normalmente secco e sabbioso, che durante la stagione delle piogge può avere delle piene improvvise e devastanti) dove una folla giocosa e ciarliera è intenta ad attingere l’ac- qua. Il grande campo è piantato vi- cino a un lagga che ha la fortuna di essere molto ricco di acqua. Sotto una pianta enorme c’è un pozzo, co- struito da qualche Ong, dove l’ac- qua è decisamente abbondante. Il letto del fiume è punteggiato da decine di abbeveratoi, costruiti dal- la Comunità Europea attorno ad una buca scavata nella sabbia. Lì, verso sera, ogni famiglia attinge l’acqua necessaria per abbeverare il proprio bestiame.Qui dei bambini giocano, là delle ragazze lavano i panni, ad un abbeveratoio un gio- vane sazia la sete delle sue caprette, dai cespugli emergono ragazzette con fasci di legna sulle spalle. Sem- brerebbe una scena idilliaca, se non fosse per uomini armati, kalash- nikov in spalla, che si aggirano di- screti senza perdere d’occhio nes- suno. Nel campo di Bendera si vive nel- la paura del nemico. Se domandi ad un bambino, «Chi è il nemico?», la ri- sposta è immediata, «Il nemico nu- mero uno è il Shetani (il diavolo, che c’entra sempre dove c’è male e cat- tiveria; è sempre colpa sua!),ma il nemico numero due sono gli altri !» (dove gli altri sono quelli dell’altra tribù, dall’altra parte della strada). La vita del campo è ritmata dalla paura e punteggiata dai desideri di ven- detta. La libertà tradizionale di ogni famiglia è sacrificata ai bisogni della sicurezza.Gruppi di oltre cento gio- vani si alternano in turni di tre gior- ni a proteggere la comunità e il be- stiame. Di notte fanno la sentinella attorno al campo, al mattino presto escono ad esplorare i pascoli per es- sere sicuri che non ci siano il nemici in agguato, di giorno accompagna- no il bestiame al pascolo solo nelle zone che gli anziani ritengono sicu- re. Giovani guerrieri che sempre ar- mati, sempre in tensione, rimugi- nando spesso progetti di vendetta che gli anziani fanno fatica a con- trollare. I bambini, ignari, sono gli unici a divertirsi, dato che in un villaggio così grosso non hanno certo il pro- blema della mancanza di compagni di gioco. Mentre giriamo, tra una foto e l’al- tra, il diacono mi ricorda che questo non è l’unico campo del genere, e neanche il più grosso. Lungo il fiu- me, più a Nord-Est, ce ne sono altri con migliaia di persone, visto che nessuno più si fida a vivere alla ma- niera tradizionale nella libertà dei grandi spazi della piana o delle col- line circostanti. C’è un unico vantag- gio in tutto questo: i bambini vivo- no vicino alla scuola e quindi è più facile per tutti frequentarla (c’è una grande scuola primaria vicino al campo di Bendera).Ma per il resto: promiscuità, insicurezza, scarsità di risorse, disboscamento per aver le- gna da ardere, problemi igienici, convivenza forzata delle famiglie, sedentarizzazione, cultura di odio e di razzismo… la lista dei problemi è senza fine. Verso Ovest, nel campo di Soito Engiron Il sole non scotta più quando, la- sciato il campo di Bendera, attraver- siamo Baragoi da est a ovest e arri- viamo a Soito Engiron, dall’altra par- te, dagli altri . Il campo Turkana è diviso dal paese da un largo lagga , anche questo asciutto come il pre- cedente (sono molti mesi che non piove).Mi avvicino alle buche scava- te nella sabbia dove bambini e bambine e qualche giovane donna sono intenti a raccogliere l’acqua. Qui non si vedono abbeveratoi per il bestiame, qui non ci sono pozzi scavati da Ong.Dal fondo, lenta- mente, filtra un’acqua sabbiosa.Qui non si attinge, si raccoglie, latta do- po latta, facendo pazientemente la coda ed aiutandosi a vicenda, visto che col passare delle settimane la buca diventa sempre più profonda. Passato il lagga entriamo nell’am- pio insediamento, accolti stavolta da una marea di bambini incuriositi dall’arrivo imprevisto di visitatori. Anche qui capanne accanto a ca- panne, a gruppi, cintate da siepi di spine.Tra le spine zigzagano stretti sentieri, dove a stento si passa in due. Si vedono donne, tante giovani donne e bambini, ovunque.Uomini, pochi, qua e là.Alcuni, al solito, sedu- ti a chiacchierare o giocare all’om- bra dei grandi alberi al margine del lagga . Poi i bambini ci prendono, ci tirano, ci invitano.Vogliono farci ve- dere dov’è l’asilo.Ai margini del campo c’è un boschetto, è all’ombra di quegli alberi che i bambini si ritro- vano per iniziare l’avventura della conoscenza.Ma non ci lasciano fer- mare lì, ci invitano ad andare oltre. Ad un tratto, nell’ampia spianata, ci sono cespugli tagliati e pietre alli- neate a formare un grande quadrila- tero: qui sorgerà il nuovo asilo per i numerosissimi bambini del campo. Bello! I bambini nonmancano certo! Oggi, quasi un anno dopo, c’è anche l’asilo, che la missione ha costruito. «Dove sono gli uomini?», chiedo. Gli uomini sono lontani, armati e sul- la difensiva, fuori nella piana, con i loro animali, nella direzione opposta MC MAGGIO-GIUGNO 2010 13 MISSONI CONSOLATA

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