Missioni Consolata - Aprile 2010
le proprie terre, e anche dai propri villaggi. Senza contare coloro che si ritrovano su terre aride e senza irri- gazione perché l’acqua è stata de- viata dalle grandi aziende verso le colture di agrocarburanti. A questo punto, moltissima gente si trova senza altra scelta che quella di migrare verso le vicine grandi città, sovrappopolando baraccopoli già brulicanti… oppure verso l’Europa. E sono numerose le famiglie che si sentono quindi obbligate a indebi- tarsi pur di mandare un figlio in Eu- ropa perché lavori e guadagni i sol- di da inviare alla propria famiglia. Quei villaggi africani che oggi sussi- stono grazie agli emigrati si sentono fortunati: hanno una fonte di sosten- tamento economico e le rimesse che arrivano dall’estero sono l’unica en- trata disponibile per continuare a vi- vere in campi aridi o nelle baracco- poli, facendo fronte a condizioni sempre più difficili. Dall’impatto ambientale e climatico dei biocarburanti, attraverso quello sociale, si arriva all’impatto econo- mico delle migrazioni su scala mon- diale. È arrivato il momento di aprire gli occhi sugli agrocarburanti. È un’urgenza che esige una reazione. È tempo che i nostri governi tengano seriamente conto dell’insieme di fat- tori sociali e umani che fanno di car- buranti detti “bio” tutt’altra cosa, ol- tre tutto, a medio termine, nemmeno economicamente interessanti. Christine Fouarge AEFJN (Africa Europe Faith & Justice Network) * L’olio estratto dai semi (Olio di Ja- tropha), è usato come combustibile da cucina, per illuminazione, per produrre lubrificanti, saponi, deter- genti, oli da bagno, ammorbidenti; è anche usato per adulterare gli oli vegetali di costo superiore. MC APRILE 2010 9 all’evoluzione del mercato e che, in alcuni casi, hanno bisogno di un mi- nimo di 5 anni prima di arrivare alla quantità minima necessaria utile per l’industria e/o per l’esportazione; questo è un rischio enorme che la maggior parte dei produttori africa- ni non può affrontare. È inoltre evidente che il produttore si aspetta una rendita da queste coltivazioni e vi consacra le sue ter- re migliori, le più fertili e le meglio irrigate, per aumentarne la produtti- vità. Sposterà quindi gli altri prodotti su terreni meno fertili oppure disso- derà o disboscherà altre terre. Ecco che il nostro agricoltore aumenterà le emissioni di gas a effetto serra per produrre i biocarburanti, pensati invece per ridurle. È l’effetto Cam- biamento Indiretto di Utilizzo delle Terre! I nostri governi devono deci- dere ormai se tenerne conto o no, nel calcolo dei benefici attesi dai biocarburanti. B isogna aggiungere che questi a- gricoltori, una volta inseriti nel si- stema, troveranno sempre maggiori difficoltà alimentari: la loro produ- zione di cibo sarà di qualità inferio- re, per effetto dei terreni meno pro- pizi, e si scontrerà con scarsezza di alimenti e piante medicinali perché foresta e savana che li assicuravano sono andate distrutte. I prezzi dei cereali importati aumenteranno e così pure i debiti contratti per l’ac- quisto di sementi e piantine per i biocarburanti che il contadino dovrà pagare con la vendita della sua rac- colta, il cui prezzo però è fissato dalla ditta che gli fornisce sementi e piantine. La conclusione ovvia è che le rendite sono meno mirabolanti di quanto si voglia far credere e, facil- mente, il produttore finirà piuttosto per trovarsi indebitato… E il circolo vizioso non è finito: il cambiamento climatico riduce ulteriormente la pro- duttività delle terre in queste regioni e il degrado socioeconomico conti- nua la sua spirale. I ntorno a questi produttori di agro- carburanti, c’è poi tutta l’altra po- polazione rurale che si trova, dal- l’oggi al domani e senza preavviso, messa fuori dalla propria casa, dal- Clandestino sulla prua di un barcone in viaggio verso l’Italia.
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