Missioni Consolata - Aprile 2010

more. Sei stata l’investi- mento più bello che abbia mai fatto. Approfitto di queste po- che righe per ringraziare tutti coloro che han letto la storia pubblicata sulla rivista dello scorso dicem- bre, «Colei-che-ride non ri- de più», e hanno dato una mano. Il vostro aiuto è in- vestito specialmente in e- ducazione, perché con l’e- ducazione si combatte la povertà e si rendono per- sone soggetto del proprio riscatto. Se poi, donando un po’ di affetto, si aiutano anche delle persone a fare delle scelte d’amore, allora l’investimento è davvero perfetto. Grazie di cuore. Se altri vogliono unirsi e dare una mano a far stu- diare tanti ragazzi e giova- ni, sono i benvenuti, per- ché questo servizio ha tempi lunghi e i bisogni sono tanti. Grazie, asante sana (kiswahili), ace olen (samburu). p. Gigi Anataloni Torino tutto. Un grandissimo do- no, da chi non aveva altro che la sua vita da donare. Antonella, piccola donna africana, la tuamorte non ha fatto notizia, neanche nel tuo paese, il Kenya. Con l’appoggio di molti amici a- vevo investito tanto su di te, per aiutarti a diventare un’infermiera. Economica- mente è stato un povero investimento davvero, vi- sto che hai lavorato solo per pochi anni. Ma sono fiero di te, perché hai dato una grandissima prova d’a- redazione@rivistamissioniconsolata.it MC APRILE 2010 7 I missionari alla Rai: spegnete il gossip, riaccendete l’informazione La Federazione StampaMissionaria Italiana (Fesmi), che ra- duna una quarantina di testate per un totale di 500mila co- piemensili, interviene contro l’intenzione dellaRai di chiude- re 5 sedi estere. A menodi clamorosi ripensamenti, laRai staper chiu- dere cinque sedi di corrispondenzanelmondo: Bei- rut, Il Cairo, Nairobi, New Delhi e Buenos Aires . Cinque su quindici in totale.Stiamo parlando di entrambe le sedi africane, dell’unica in America Latina e di quella in un paese così importante,non solo politicamente ed eco- nomicamente, come l’India, oltre che di quella di un pae- se-simbolo come il Libano. Se andasse in porto, sarebbe una decisione grave, con- traddittoria e miope. In una parola: controproducente. Come Federazione della Stampa Missionaria Italiana, la condanniamo con forza, auspicando che la dirigenza Rai torni sui suoi passi, anche alla luce delle proteste non solo nostre, ma di molte altre realtà della società civile che in queste ore si stanno levando. L’ipotesi di chiudere un terzo delle sedi di corrispondenza nel mondo è grave, perché va a colpire il Sud del mondo, quellapartedi pianetagiàoggimarginalenel circuito infor- mativo italiano. È grave perché ispirata a criteri economi- cisti che,come tali,dovrebbero essere estranei a un «servi- zio pubblico» che voglia qualificarsi davvero come tale.Se unproblemadi compatibilità economica esiste,nonè spe- gnendo l’informazione sul mondo che si risolve ma, sem- mai, vigilando sugli esosi compensi alle «star» del piccolo schermo o sugli sprechi cui la Rai ci ha abituato da troppo tempo. È una decisione contraddittoria, perché la sede di Nairobi è stata aperta - anche per effetto di un tenace «pressing» delle riviste missionarie – soltanto due anni fa. Ancora:qual è il senso della chiusura di una sede come l’E- gitto, crucialepermonitorare l’areamediterranea e, inpar- te, il mondo islamico? Che senso avrebbe abbandonare oggi l’India,da tutti indicata comeunodei paesi-chiavedel presente e del futuro? Appare chiaro che siamo di fronte a una scelta - se attuata - per nulla lungimirante e, alla di- stanza, destinata a ricadute negative. Controproducente, appunto. Il contrario di quell’efficienza che tanto viene sbandierata. Contro la deriva di un’informazione Tv sempre più avvita- ta su stessa, ci eravamo pronunciati nel febbraio 2006 con l’appello «Notizie, non gossip», pubblicato da tutte le rivi- ste della Fesmi: chiedevamo alla Rai una risposta alla scar- sità di notizie da intere aree del mondo.Nel maggio 2007, dopo l’aperturadella sededi Nairobi,avevamosalutatocon favore l’evento:«Se laRai ha apertouna sede inAfrica,mol- to lo si deve allamobilitazione del mondomissionario», a- veva detto in quell’occasione Enzo Nucci, corrispondente Rai da Nairobi. Speravamo fosse l’inizio di un impegno se- rio. Per dar voce a popoli, culture, paesi senza voce. Pur- troppo – duole constatarlo - non è andata così. Con tutta evidenza, il problema dei tagli delle sedi estere è solo la punta di un iceberg: la questione riguarda la sensi- bilità complessivaper i fatti delmondo, le vicendedei con- tinenti soloapparentemente «lontani».Nonvorremmoche la scelta di dismettere le sedi straniere confermasse una volontà di ritirarsi nel guscio di un’informazione che per baricentro abbia l’Italia o l’Europa. Un servizio pubblico che voglia dirsi realmente tale do- vrebbe puntare a rendere i suoi telespettatori autentici «cittadini del mondo». Non è certo questa la strada. Chie- diamo ai vertici di Viale Mazzini un tempestivo e radicale ripensamento. FESMI (Federazione Stampa Missionaria Italiana) Se la Rai spegne il mondo

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