Missioni Consolata - Aprile 2010
DOSSIER 40 MC APRILE 2010 preferenziale per i poveri, sancita dalla Conferenza episcopale lati- noamericana di Medellin. Sono sta- ti uccisi decine di sacerdoti, suore, insegnanti, catechisti. Il 24 marzo del 1980 il vescovo Oscar Arnulfo Romero è stato assassinato men- tre celebrava l’Eucarestia. Eugenia e Alejandro non erano ribelli armati, erano solo dei con- tadini, ma la notte del 10 marzo 1982 sono stati prelevati dalla lo- ro casa, strappati ai loro figli e fu- cilati dalla Policia de hacienda , as- sieme ad altre venti persone del lo- ro villaggio. La strategia della repressione militare era quella di «togliere l’acqua al pesce»: impe- dire, seminando il terrore, che la guerriglia ricevesse appoggio dal- la popolazione rurale. Dopo qualche mese, nell’ottobre del 1982, arrivammo in Salvador, giovani coniugi, volontari dell’as- sociazione Mani Tese , impressio- nati dalle terribili testimo- nianze che arrivavano da quell’angolodel mondo. Con l’aiuto dei Padri So- maschi abbiamo realizzato il pri- mo progetto di Mani Tese a favore dei desplazados , i poveri che arri- vavano nella capitale fuggendo dalle aree dove esercito e guerri- glia si combattevano. Sempre gra- zie ai Padri Somaschi abbiamo fondato la nostra famiglia: sono stati loro, infatti, a parlarci di quat- tro fratellini rimasti senza genito- ri e rifugiati nella parrocchia di un giovane sacerdote, cugino della madre uccisa. Una nuova vita All’epoca, in Italia l’adozione in- ternazionale non era regolamen- tata da una legge specifica, sem- plicemente era deliberato il prov- vedimento del paese di origine del bambino. Dal canto loro, le auto- rità salvadoregne non stavano a sottilizzare: gli orfani erano un pe- so economico e un problema so- ciale, meglio facilitarne l’affida- mento a coppie straniere. Così nel giro di un paio di mesi ci ritrovammo genitori di tre bam- bine, di 8, 4 e 3 anni e di un ma- schietto di 12 mesi. Quando rientrammo in Italia, nel dicembre del 1982, ci presentam- mo al Tribunale dei minorenni di Milano che, superato lo scettici- smo iniziale, ci sottopose alla pro- cedura per ottenere l’idoneità che ci fu concessa alla fine del 1983. Mentre affrontavamo gli aspetti giuridici e burocratici, anche con la benevola assistenza degli ope- ratori del comune della nostra cit- tadina, la vita famigliare si avvia- va alla normalità. Fin dal primo giorno, i bambini si sono adattati alla nuova vita, ac- cettando tranquillamente le tante diversità: la lingua, il clima, i ve- stiti pesanti, la casa. Dal punto di vista affettivo, fum- mo subito accettati come il nuovo papà e la nuova mamma e amati senza condizioni. Un amore gran- de che incluse immediatamente i nonni, gli zii, gli amici e tutti colo- ro che venivano in contatto con la nostra famiglia. Tante volte ci siamo interrogati su questo inizio così «liscio», tro- vando delle risposte empiriche: i nostri figli non hanno subito il trau- ma dell’abbandono, non sono sta- ti in istituto, la causa della loro sof- ferenza era esterna alla famiglia, noi abbiamo conosciuto e, in parte condiviso, la loro storia…tutto ve- ro, ma è anche vero che i bambini si affidano senza riserve a chi li cu- ra e, sempre senza riserve, sono di- sposti ad amare chi li ama. La Paz, Bolivia: un’immagine di sere- nità. Anche in America Latina sono molti i paesi coinvolti nelle adozioni internazionali.
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