Missioni Consolata - Aprile 2010
MISSIONI CONSOLATA rente decide di dimettersi. Di casi di corruzione se ne sen- tono svariati, a vari livelli, in di- versi paesi, soprattutto africani. Un altro aspetto delicato è quel- lo della facilità con cui i bambini, in alcuni casi, diventano adottabi- li: «Mi rendevo conto a volte che sarebbe bastato appoggiare la fa- miglia magari con un progetto di sviluppo, e questa avrebbe potu- to e voluto tenere il bambino. Il problema è che non si creava l’alternativa per questa mamma» continua la referente. In questo modo si nega il principio di sus- sidiarietà sancito dalla conven- zione dell’Aja, che prevede come priorità quella di creare le condi- zioni affinché i bambini trovino una famiglia nel loro paese. «Non riuscivamo a comunicare diretta- mente con i genitori, perché usa- vamo l’interprete. Questi, portati davanti al notaio, firmavano per l’adottabilità del proprio figlio». Non si vuole qui attaccare il la- voro dei molti enti italiani estre- mamente seri. Ne sono un esem- pio quelli che lasciarono il Viet- nam, quando nel settembre 2009, furono condannate 16 persone per falsificazione di documenti per rendere adottabili 250 neonati. Non tutti gli enti, vengono per nuocere E dal punto di vista delle coppie? «Le esperienze con gli enti sono sempre soggettive, dipende se ti è andata bene oppure no. Io non ratrice. Poi ci sono i servizi all’e- stero che differiscono dai paesi: preparazione documenti, tradu- zioni e legalizzazioni. Spese di procedure. Il Brasile ad esempio ha procedure gratuite, altri chie- dono un contributo per il mante- nimento del minore che ha già vis- suto in una struttura per anni. C’è il referente da pagare, talvolta l’avvocato. E ancora i follow up ob- bligatori: le relazioni che le cop- pie devono redigere insieme al- l’ente da mandare allo stato stra- niero ogni anno (o ogni semestre), in alcuni casi fino a 18 anni del fi- glio adottivo.Ma gli enti, essendo Onlus, organizzazioni senza fini di lucro, devono solo rientrare nei costi e non fare profitti. «Un’ado- zione che con un ente costa in tut- to 13.000 euro, nello stesso pae- se altri enti la fanno pagare 25.000» conclude l’operatrice. Mentre Elio si chie- de: «Perché ci so- no enti che fanno 10 adozioni in un paese e altri che ne fanno 200? Io non do giudizi, faccio solo le molti- plicazioni». ■ accuso mai un ente, ma mi per- metto di dare giudizi generali in base a quello che sento. Moltipli- co sempre, quantifico e mi rendo conto dei soldi che circolano», continua Elio Biasi. In effetti un’adozione interna- zionale costa cara, anche se ci so- no delle tabelle della Cai che le re- golamentano. «Un’adozione va dai 10 mila euro di un paese afri- cano ai 30 mila di un paese dell’E- st Europa. A parte ci sono le spe- se di permanenza, viaggio nel paese» ci ricorda Elio. I costi sono suddivisi in spese in Italia e in spese da fare nel paese straniero. Queste, a volte, rag- giungono delle cifre anche molto alte. «In Italia l’ente ha esperti e pro- fessionisti: giuristi, assistenti so- ciali, psicologi. Questi devono aiu- tare la coppia a predisporre il fa- scicolo capire dove depositarlo, fornire una formazione sul paese, … poi ci sono enti che dicono di fare queste cose ma non le fanno» ci svela un’addetta ai lavori. E si aggiungono tutte le spese fatte in Italia per la struttura. «Gli enti hanno spese che si ag- girano sui 3.000 - 4.000 euro in Italia. Ma alcuni hanno aumenta- to e ne chiedono 5.000 - 6.000. In questo caso è la Cai che do- vrebbe fare un controllo per ve- rificare innanzi tutto se i ser- vizi vengono resi, e se- condo quanto costano effettivamente all’en- te». Continua l’ope- A sinistra: Vietnam, uno dei paesi dell’Estremo Oriente dove - in questi anni - si è più sviluppato il fenomeno delle adozioni internazionali. Sotto: bimbo in un istituto africano. Pagina accanto: bimbi cambogiani. MC APRILE 2010 31
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