Missioni Consolata - Aprile 2010

MC APRILE 2010 25 biata in sangue in Egitto, ci fa immediatamente com- prendere la portata del racconto evangelico che trava- lica il fatto dello sposalizio che è un semplice «acci- dente» di contorno. Il parallelo più volte sottolineato tra Sinai e Cana è un dato di fatto che balza agli occhi: da una parte la Toràh rivelata e dall’altra la Gloria manifestata; al Sinai è Yhwh che parla, a Cana è il Lògos che si rivela; nell’uno e nel- l’altro caso domina il tema dell’alleanza in chiave nu- ziale. Anche il confronto «tipologico» tra Mosè e Gesù è un elemento acquisito e quasi una costante nei vange- li e specialmente in Gv che lo impone fin dal «prologo» come parametro costitutivo: «La Legge fu data per mez- zo di Mosè, la grazia della verità fu data per mezzo di Gesù Cristo» (Gv 1,17). Abbiamo tradotto «la grazia del- la verità» e non «la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo» (Bibbia-Cei 2008) per coerenza con Gv 1,14: «E noi vedemmo la sua gloria, gloria come di u- nigenito dal Padre, pieno [ della ] grazia della verità », do- ve i due termini ricorrono insieme e nell’uno e nell’al- tro caso sono una endiadi ( 1 ) di rafforzamento. D A M OSÈ ALLA PIENEZZA DELLA VERITÀ Al Sinai fu data «la Legge», ora a Cana è data «la gra- zia della verità» cioè la pienezza della rivelazione che «venne ad abitare in mezzo a noi» (Gv 1,14). Per Paolo la Legge aveva l’obiettivo di guidare alla fede, dunque è nell’ordine dei mezzi, come la Chiesa, come i sacra- menti. Per questo motivo l’apostolo la paragona ad un «pedagogo» che ha il compito di accompagnare il di- scepolo nel cammino di maturazione e di crescita: «Co- sì la Legge è stata per noi un pedagogo, fino a Cristo, perché fossimo giustificati per la fede» (Gal 3,24-25; cf 1Cor 4,15). Ora che è arrivata «la pienezza della verità», si apre la «cella del vino» che è il monte Sinai e inizia la festa delle nozze del Lògos. La figura di Mosè come an- ticipazione ( tipo ) di Cristo ( antìtipo ) è importante nel IV vangelo ( 2 ) . Gv infatti lo cita 13 volte (Gv 1,17.45; 3,14; 5, 45.46; 6,32; 7,19.22 [2x].23; 8,5; 9,28.29), ma solo nella prima parte, nel «libro dei segni» e mai nella seconda parte: «il libro dell’ora» che è quella della rivelazione definitiva, della «epifania della grazia per grazia» (Gv 1,14), il cui culmine e fondamento è la morte-risurrezione di Gesù. Interessante la nota che Mosè compare solo nel «libro dei segni», come a dire che egli è nell’ordine del provvi- sorio e il suo compito è funzionale al profeta che verrà dopo di lui (cf Dt 18,15.18; At 3,22; 7,37). Anche dall’u- so del nome e della sua distribuzione nel testo, conclu- diamo che Mosè apparteneva alla dimensione del mon- do finito, dei «segni», ed era proteso verso il suo natura- le compimento: «Il Lògos-Sarx /Carne/Fragilità fu fatto» (Gv 1,14). Qui è il vertice di tutta la rivelazione. Con la sua presenza a Cana, Gesù non rivela solo la «sua Gloria», ma svela anche il ruolo e l’importanza di Mosè nel disegno di Dio che trova nel Sinai il suo ful- cro e la sua chiave di lettura: senza Gesù ( antìtipo ) an- che Mosè ( tipo ) sarebbe sminuito nella sua importanza. Si potrebbe dire che il fatto di Cana è l’evento-cernie- ra che per Giovanni evangelista salda il cammino del- l’AT con quello del NT: l’uno senza l’altro non può sus- sistere e l’uno diventa il senso o quanto meno il fonda- mento di senso dell’altro. In questo sta il principio che la Scrittura deve essere letta tutta nel suo contesto glo- bale perché è una storia «unica» che si snoda in molte tappe e che ancora non è finita. P RINCIPIO O INIZIO ? Siamo convinti che il racconto dello sposalizio di Ca- na con il Vino che fa da protagonista d’eccellenza, sia un midràsh di tutto il racconto dell’esodo. Per capire meglio il testo del vangelo nel contesto di tutta la Bib- bia, esamineremo il testo biblico, la versione della Lxx, il Targum e infine il midràsh che costituiscono il mate- riale e l’ambiente dove nasce, si forma e si sviluppa il NT, in modo particolare il vangelo. È evidente che Gv non prende ogni singolo fatto, ma si riferisce ad alcuni di essi che diventano così emblematici e quindi tipolo- gici. L’obiettivo a cui tende il racconto è Gv 2,11: «Que- sto, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli cre- dettero in lui». Così almeno la traduzione corrente, an- che dell’ultima edizione della Bibbia-Cei (2008), che nella nota al versetto spiega: «[Gv] 2,11 Questo … fu l’i- nizio dei segni »: non solo il primo dei segni, ma il model- lo di tutti (questo è il significato della parola greca tra- dotta con inizio ). Difatti il miracolo di Cana ha rivelato la divinità ( gloria ) di Gesù e ha aperto ai suoi discepoli il significato delle opere prodigiose (che Gv preferisce chiamare segni )». Non fu solo il primo segno, ma un «modello». Secondo noi, mantenendo l’uniformità con il prolo- go, Gv 2,11 non deve essere tradotto con «inizio dei se- gni», perché si darebbe una connotazione temporale che l’autore esclude volutamente, ma si deve tradurre così: « Questo principio dei segni fece Gesù in Cana di Ga- Chiesa di Kalacha, North Horr, Marsabit, Kenya.Murale: Mosè al roveto ardente.

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