Missioni Consolata - Aprile 2010

16 MC APRILE 2010 PALESTINA che lui e la sua comunità sono arabi, per confutare una certa «propagan- da» che identifica il cristiano con l’oc- cidentale e lo contrappone all’arabo islamico. «A volte ci capita di essere vittime di reciproci“pregiudizi”,ma con il dialogo riusciamo a superarli». Lo prova il fatto che gli alunni più piccoli della scuola del Patriarcato Latino sono per un terzomusulmani: vengono dai villaggi vicini, compa- gni di scuola dei ragazzi di Taybeh con normalissime relazioni di amici- zia. «Noi cristiani - continua don Raed - non vogliamo essere definiti“mino- ranza”: parola che in arabo ha la stes- sa radice di debole, perseguitato, straniero.Niente di tutto questo. La nostra rilevanza non dipende dal nu- mero, ma dal tipo di presenza e testi- monianza che riusciamo a garanti- re». Ma non si pensi che sia facile re- stare cristiani inTerra Santa. «Il problema principale è la mancanza di libertà, in seguito all’occupazione militare israeliana e alla politica di si- curezza, diventata più oppressiva do- po lo scoppio della seconda intifada» spiega don Abusalhia.Centinaia di chilometri di «muro», posti di blocco, check points tengono i palestinesi prigionieri nei loro territori, dai quali non possono uscire senza uno spe- ciale permesso, rilasciato dall’ammi- nistrazione israeliana solo per motivi particolari. Tale isolamento è reso più pesante dalla politica di colonizzazione per- seguita dal governo ebraico senza sosta e con ogni mezzo, comprando dai palestinesi o espropriando con la forza i loro terreni.Attorno a Taybeh ci sono già cinque insediamenti e- braici e quello di Ofra continua ad e- spandersi, erodendo anche il territo- rio del villaggio cristiano.Tale politica rende più difficile gli spostamenti an- che all’interno dei territori palestine- si: alcune strade sono riservate esclu- sivamente alle auto dei coloni israe- liani, costringendo i palestinesi a nuovi e più lunghi percorsi. «Prima della costruzione di Ofra - precisa don Abusalhia - il percorso tra Tay- beh a Ramallah era di 13 chilometri; oggi è di 35». Sopravvivenza a rischio Conseguenza di tale situazione è l’emorragia migratoria, che minaccia la sopravvivenza del villaggio cristia- no, al pari della presenza cristiana nel resto della Terra Santa. Prima della guerra dei sei giorni (1967),Taybeh contava 3.400 abitanti; oggi sono più che dimezzati; almeno 7 mila perso- ne originarie di Taybeh sono sparse per il mondo, in America,Giordania o semplicemente a Gerusalemme. Per frenare tale emorragia le auto- rità religiose e civili di Taybeh hanno posto in atto varie iniziative. Prima di tutto, contro la minaccia della colo- nizzazione, è stato costituito un fon- do comune, con il contributo degli e- migrati, per acquistare i beni di chi decidesse di emigrare: una legge non scritta,ma scrupolosamente os- servata, proibisce di vendere ai non cristiani le proprietà, terreni e case, che devono passare da padre in fi- glio. Alcune ragazze del famoso coro di Taybeh. Cristiani arabi nella chiesa di Taybeh.

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