Missioni Consolata - Aprile 2010

Secondo la tradizione, proprio sulla strada verso Efraim sarebbe avvenu- ta la guarigione dei 10 lebbrosi (Luca 17,12) e il samaritano guarito avreb- be accompagnato Gesù fino al villag- gio, gridando talmente la sua felicità che gli apostoli ne furono irritati.Ma Gesù, continua la leggenda, si fermò, chiamò il samaritano, lo benedisse e lo congedò. L’uomo, baciando il suo- lo, chiese un nuovo nome e Gesù lo chiamò «Efraim», che significa «dop- pio frutto», cioè, la vita ricevuta due volte. Un’altra tradizione racconta che, arrivato ad Efraim, i notabili del vil- laggio lo invitarono a restare con lo- ro, poiché quelli del tempio lo odia- vano, e un ragazzo gli corse incontro con unmelograno.Gesù ne appro- fittò per raccontare una parabola. Spaccò il melograno e lomostrò ai presenti, dicendo: «I chicchi di questo frutto sono dolci, come sapete,ma sono racchiusi in una membrana molto amara.Così il Figlio dell’uomo deve passare attraverso le amarezze della morte, prima di gustare la dol- cezza della risurrezione». 14 MC APRILE 2010 PALESTINA RITI ANCESTRALI E dificata nel IV secolo all’estremità orientale di Taybeh, dove la tradizione ha localizzato il soggiorno di Gesù, rimaneggiata al tempo dei crociati, distrutta dalla conquista islamica, la chiesa è conosciuta come El Khader, il «verdeggian- te», nome di un mitico personaggio di origine Cananea, identificato prima con il profeta Elia, di cui si ricorda il passaggio in una grotta attigua all’edificio, e più tardi con san Giorgio, considerato difensore delle vittime della persecuzione e del fanatismo: chiunque, in pericolo di morte, invoca il suo nome davanti ai suoi a- guzzini, di solito viene risparmiato. El Khader occupa un posto speciale nel cuore degli arabi, sia cristiani che mu- sulmani. Per i cristiani è una chiesa ecumenica, dove tutte e tre le comunità del villaggio vi celebrano sempre più frequentemente i battesimi, per significare l’u- nità cristiana del villaggio. N onostante lo stato delle rovine, il luogo è ancora vivo: le lampade a olio con- ficcate negli interstizi, il sangue di animali sparso al suolo e sui muri, atte- stano la presenza di una liturgia non comune nel secolo XXI, che attira la curio- sità dei pellegrini. Per formulare un voto o espiare una colpa, si viene in questo luogo a sacrificare un animale. Il rito si svolge in questo modo: la persona che formula il voto lascia la sua ca- sa e si reca a El Khader accompagnata dai membri del proprio clan, che recano l’animale da sacrificare; questo viene poi affidato a una donna, una specie di sa- cerdotessa, che fa voltare la bestia su se stessa mentre pronuncia delle preghie- re; quindi l’affida al macellaio, che taglia la testa dell’animale nel nome di Dio (Al- lah). La persona che formula il voto o espia la colpa, affonda le mani nel sangue del- la bestia e le appoggia agli stipiti (di quel che rimane) della porta della chiesa, con lo scopo di lasciarvi l’impronta della mano, disegnando una croce. Così, il pote- re del male, simboleggiato dalle cinque dita della mano, è scacciato dal bene, rap- presentato dalla croce. Terminato il rito, l’animale viene tagliato e le sue parti vengono distribuite ai partecipanti e alle famiglie più bisognose del villaggio. La sacerdotessa deve as- sicurarsi che né i preti del villaggio né la famiglia che offre il sacrificio tocchino la carne, pena l’invalidità del rito. Facciata della chiesa di san Giorgio: croce tracciata col sangue sullo sti- pite sinistro e ganci per i sacrifici. El Khader o Chiesa di san Giorgio

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