Missioni Consolata - Marzo 2010

MISSIONI CONSOLATA Ecuador sempre fedele all’ispirazio- ne e carisma di San Vincenzo de Paoli, che i poveri li trattava da «si- gnori», non perché fossero bravi, belli e buoni,ma perché in questo modo si faceva un investimento si- curo nell’amore di Dio.Oggi, in un angolo sperduto delle Ande, grazie a questa meravigliosa missionaria francese, esiste davvero un luogo dove gli indigeni sono tenuti in considerazione e amati come per- sone care,ma soprattutto sono aiu- tati ad essere capaci di dare e rice- vere con disponibilità e sensibilità fuori del comune.Quando Madre Teresita faceva notare (e lo faceva spesso) che il progetto «Missione Flores» era frutto della Grazia Divi- na, si riferiva ai volontari, tutti giova- ni indigeni, che ancora adesso l’ac- compagnano e dirigono assieme il centro di formazione, e sono parte- cipi e seriamente responsabili della gestione pastorale nel territorio del- la Missione. Questi collaboratori volontari mi hanno scritto delle testimonianze stupende: «È impressionante l’amo- re di Teresita per noi indigeni poi- ché nonostante l’età già avanzata, continua la sua presenza sollecita e generosa. È un regalo grandissimo. I giovani che frequentano il centro sono particolarmente ansiosi di im- parare. Il centro è un luogo che li ac- coglie con molto amore, dove tutti sono benvenuti.Quest’anno (2009- 2010) vogliamo impegnarci di più nella informatica, accettando la ri- chiesta degli alunni. Allo stesso tempo avremo spagnolo,matemati- ca, contabilità, inglese, tessitura di fasce, taglio e cucito, arti e mestieri, cucina, produzione agricola e picco- li allevamenti,musica, Bibbia e altre materie.Tutto serve per la vita». Q uando i missionari della Con- solata arrivarono nel 1987, madreTeresita era già pre- sente da alcuni anni e con una consorella aveva in affitto due stanze perché non c’erano ancora strutture. La diocesi di Riobamba era ben orga- nizzata, le idee e gli obiet- tivi chiari. La base teorica, «el marco teorico», preve- deva di partire dalla com- prensione della realtà per arrivare alla meta, il Regno di Dio; da qui erano stabiliti gli obietti- vi generali e quelli specifici. La fede era accettare Gesù Cristo come pre- messa e fondazione per impegnarsi a lavorare a costruire la chiesa dai poveri e con i poveri, formando co- munità con la coscienza di essere popolo di Dio e segno espressivo del regno. Assieme bisognava fare tutto il possibile per costruire una società nuova che fosse anticipazio- ne del regno nella terra,mettendo al primo posto l’impegno di edifica- re la chiesa indigena. Gli obiettivi specifici diventavano la formazio- ne, la moltiplicazione e consoli- dazione delle comunità cristia- ne di base e altri tipi di comunità cristiana.Tutto cominciava forman- do i responsabili della marcia di queste comunità: catechisti,missio- nari, futuri sacerdoti. La diocesi sembrava un laboratorio efferve- scente. Ma già nel 1987 mons. Leo- nidas Proaño (1910-1988), anima della diocesi, aveva già dato le di- missioni (1985), subito accettate. Non ci volle molto a capire che chi aveva voce in capitolo non era- no gli indios,ma gli agenti pastora- li, francesi, colombiani, spagnoli, te- deschi, olandesi, preti, laici e suore. Gli indios erano i protetti, i benia- mini, e anche loro dovevano esserci sempre,ma lasciar fare agli altri. O- gni tanto potevano anche dire la loro che, guarda caso, appoggiava gli agenti pastorali con attac- chi e lamenti contro la chiesa gerarchica, il Fmi e il debito Flores, Riobamba, Ecuador. Sinistra e sotto: Madre Teresita durante un corso speciale di topografia. Sopra: a Flores gli asini sono ancora più numerosi delle macchine.

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