Missioni Consolata - Marzo 2010
56 MC MARZO 2010 hanno cercato di rispondere alle nuove emergenze. Missioni Consolata Onlus (Mco) nasce proprio per va- lorizzare questa esperienza e accompagnare il lavoro di promozione umana attraverso lo strumento del proget- to. Nella maggioranza dei casi, i progetti di Mco nelle periferie urbane, ideati e gestiti in stretta collaborazione con le comunità locali, intervengono sugli ambiti sanita- rio e scolastico e mirano a fornire a tutti l’accesso alle cure mediche, ai servizi igienici, a un’istruzione di qua- lità, senza dimenticare la formazione dei leader e il mi- crocredito. Tra le esperienze più significative promosse attraverso la campagna quaresimale «Risorgiamo dalla polvere» occorre ricordare il Kenya. Nella periferia di Nairobi, i missionari della Consolata operano negli slums di KahawaWest, Deep Sea, Suswa e Masaai con progetti relativi a istruzione, sanità e sanificazione. A KahawaWe- st è in corso la costruzione di un asilo mentre continua la collaborazione con Un Habitat e altre agenzie per la GLOSSARIO S LUM : traducibile come bassifondi, ma anche come topaia o catapecchia, slum è uno dei termini utilizzati per definire le baraccopoli nei paesi di lingua inglese. Altre parole utilizzate sono shanty town e township , quest’ultima essendo la variante prevalente in Sudafri- ca. Mentre slum ha una connotazione negativa, town- ship è una denominazione amministrativa che ha ac- quistato il significato di baraccopoli di conseguenza al declino subito dai quartieri a maggioranza nera nelle grandi città sudafricane, dove il giustapporsi continuo di eleganti aree residenziali e township fa sì che le ba- raccopoli non corrispondano necessariamente con le zone periferiche. B IDONVILLE : nasce dall’unione delle parole francesi bidon , bidone e ville , città, e fu impiegato per la prima volta negli anni Cinquanta per descrivere gli insedia- menti precari in Marocco, costruiti con bidoni, cioè con materiale di scarto. È il termine più usato per in- dicare le baraccopoli nei Paesi francofoni. F AVELAS : è il termine portoghese per baraccopoli. L’etimo è incerto, secondo alcune fonti deriva dal no- me della pianta che cresceva nella regione dove, alla fine dell’Ottocento, sorse il morro (quartiere) da favela , accampamento militare costruito durante la guerra de Canudos. Rientrati a Rio de Janeiro alla fine della guerra i soldati, rimasti senza paga, fondarono insediamenti spontanei e precari che presero presto il nome di morro da favela , come quello da loro costrui- to prima per fini militari. Tra le più note ci sono Hé- liopolis, a San Paolo, e Rocinha, a Rio de Janeiro. (I termini appena elencati non sono perfettamente intercambiabili, poiché indicano realtà che presentano alcune differenze quanto all’origine del fenomeno abi- tativo, alla composizione della popolazione e alla col- locazione nel tessuto urbano complessivo della città). U N H ABITAT : è l’agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di insediamenti umani. Il quinto Forum urba- no mondiale, organizzato da Un Habitat, si terrà a Rio de Janeiro a fine marzo 2010. Verrà contestualmente lanciato il sito UrbanInfo ( http://www.devinfo.info/ urbaninfo/ ), un database che raccoglie dati statistici e analisi relative agli insediamenti urbani. tro smistamento di merci “sensibili”», gli fa eco dall’altra parte del mondo padre Jaime,missionario della Conso- lata a San Paolo del Brasile. «Dai quartieri ricchi, decine di automobili di lusso arrivano ogni sera a Héliopolis e nelle altre favelas pauliste per comprare marijuana, co- caina, sesso e qualunque cosa». L’esistenza di realtà urbane degradate è certamente foriera di tensioni e violenza, dentro e fuori i confini tracciati dal marrone fulvo della ruggine delle lamiere. «Che ti aspetti?», chiede ironico Marco, consulente in psicologia sociale di Johannesburg. «Nelle metropoli del Sudafrica vedi ville immense con piscine da mille e una notte e, letteralmente girato l’angolo, trovi la township dove il piatto forte è la testa di capra arrosto. Ovvio che ogni tanto qualcuno compra un fucile e cerca di rubarti la macchina». Viene spontaneo chiedersi perché questa marea u- mana non faccia valere la sua superiorità numerica e non si ribelli mettendo a ferro e fuoco le città e pren- dendo d’assalto le sedi del potere. «Non otterrebbero niente», spiega padre Franco, «se non una dura repres- sione da parte delle autorità. Si sentirebbero rispondere: “Ma chi vi ha chiesto di abbandonare le campagne e ammassarvi come bestie in città?”. No, non è questo che vogliono». Ciò che vogliono gli abitanti degli slum è piuttosto il riconoscimento graduale dei propri diritti, la riqualificazione delle aree dove vivono, il risanamento delle infrastrutture. Della quotidianità di una baracco- poli fanno parte anche i numerosi comitati di quartiere e associazioni che, anche con la collaborazione di istitu- zioni internazionali, Ong e missionari, lottano ogni gior- no per avere case di mattoni, scuole adeguate, allaccia- menti idrici ed elettrici, strutture sanitarie. Missioni Consolata Onlus nelle periferie urbane L’impegno nelle periferie urbane è uno degli ambiti prioritari del lavoro di evangelizzazione che i missionari della Consolata portano avanti attraverso la loro presen- za decennale, in alcuni paesi anche centenaria, in Africa e America Latina. Sono stati perciò testimoni diretti dell’e- sodo dalle aree rurali o dalle zone di guerra da cui hanno avuto origine gli insediamenti urbani spontanei e la loro degenerazione in baraccopoli e, nel corso del tempo,
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