Missioni Consolata - Marzo 2010

MISSIONI CONSOLATA MC MARZO 2010 39 vivono insieme ed educano i pro- pri figli in una stessa scuola, ri- spettosa delle due culture arabe ed ebraiche. Alcuni membri di questa comu- nità hanno aiutato a formulare va- rie riforme del Concilio Vaticano II, come la condanna dell’antisemiti- smo, il ripudio dell’accusa di deici- dio, uso della lingua locale nella messa, iniziato in Israele 10 anni prima del Concilio. Per anni hanno svolto un enorme lavoro per tra- durre la liturgia, sviluppare una musica sacra e creare un vocabo- lario teologico cristiano in ebraico. L’Opera di san Giacomo non è una parrocchia o un insieme di par- rocchie, ma un’associazione con statuto particolare e oggi costitui- sce il «Vicariato ebreofono» all’in- terno del Patriarcato latino di Ge- rusalemme. Nel 1990 fu nominato il primo vicario nella persona del- l’abate benedettino israeliano Jean Baptiste Gourion, consacrato ve- scovo nel 2003, morto prematura- mente nel 2005. Dal 2009 il vica- rio patriarcale è il gesuita israelia- no David Neuhaus. D opo una ventina di anni la co- munità è cresciuta, soprat- tutto con l’ondata migratoria dall’ex Unione Sovietica, che ha portato decine di migliaia di cri- stiani, tra i quali vari cattolici. Og- gi il vicariato patriarcale conta no- ve preti, alcune centinaia di fedeli e sei centri: quattro di lingua ebrai- ca (Ber Sheva, Haifa, Jaffa e Geru- salemme) e due di lingua russa. Negli ultimi 20 anni, però, pas- sata l’ondata immigratoria, i cat- tolici ebreofoni sono diminuiti e si prevede che resteranno pochi. «Abbiamo qualche conversione - spiega padre Apolinary -. Attual- mente due adulti si stanno prepa- rando al battesimo. Anche se le leggi statali lasciano libertà di fe- de, la pressione sociale, economi- ca e giuridica è tale che non solo scoraggia le conversioni, ma con- siglia gli ebrei cristiani alla discre- zione, senza sbandierare la loro appartenenza al cristianesimo». Per il resto, essi vivono le realtà e i problemi di tutti gli altri ebrei. Religione, storia, cultura ebraica stabiliscono il ritmo della vita del- la comunità cattolica, che segue quindi il calendario e partecipa al- le feste ebraiche; alcuni cattolici digiunano nel giorno del kippur e partecipano alle funzioni della si- nagoga in segno di solidarietà. Inizialmente le comunità erano formate da ebrei arrivati in Israe- le durante la grande emigrazione, coppie miste, formate in preva- lenza da un uomo laico ebreo e una donna cattolica; vi erano pu- re cattolici di origine ebraica che avevano scoperto la loro apparte- nenza al popolo ebraico in segui- to alla shoah . Oggi prevalgono i membri nati e cresciuti in Israele, per cui la grande sfida è trasmet- tere la fede alle nuove generazio- ni. Problema non facile, dal mo- mento che, a differenza delle co- munità cristiane di lingua araba, i piccoli gruppi di cattolici ebreofo- ni non hanno istituzioni educati- ve proprie, per cui i giovani fre- quentano le strutture statali, con il rischio di assimilazione nella so- cietà ebraica laica. «Per questo siamo impegnati nella catechesi - spiega padre Apo- linary -: formazione dei bambini, preparazione ai sacramenti, ses- sioni per giovani coppie, incontri di studio della bibbia, ritiri e pre- parazione dei catechisti della co- munità». N onostante la sua quasi invi- sibilità, la comunità cattolica ebraica è impegnata nella missione che la Provvidenza le ha assegnato. Un primo lavoro è la ri- cerca delle pecorelle smarrite, cioè coloro che non sanno dell’esisten- za della chiesa di lingua ebraica e della possibilità di una vita cattoli- ca nella società israeliana. Un’altra sfida per i cattolici di lin- gua ebraica è l’impegno per il dia- logo e la riconciliazione. «Le nostre comunità - spiega padre Apolinary - sono diventate un luogo di pre- ghiera per la pace. Vogliamo esse- re un ponte tra ebrei e arabi, tra la chiesa e il popolo d’Israele, raffor- zando i legami di amicizia e testi- moniando i valori cristiani di pace e giustizia, perdono e riconcilia- zione in un contesto di violenza e conflitto armato». La comunità cattolica di espres- sione ebraica ha qualcosa da dire anche alla chiesa universale che, a partire dal Concilio Vaticano II, è chiamata a rinnovarsi mediante la riflessione sull’identità ebraica di Gesù, a riscoprire le radici ebraiche della fede cristiana; una sfida che i cattolici in Terra santa vivono quotidianamente. Pregare in ebrai- co, vivere da cattolico in ebraico, essere minoranza cattolica nell’u- nica società totalmente ebraica è una realtà nuova per la chiesa lo- cale e universale. ■ Giaffa, la chiesa di San Pietro accoglie anche la comunità cattolica di espressione ebraica. Giovanni Paolo II e Jean-Baptiste Gourion, di origine ebraica, vescovo del vicariato cattolico ebreofono in Israele (2003-2005). Il gesuita ebreo padre David Neuhaus attuale vicario dei cattolici di epressione ebraica.

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