Missioni Consolata - Marzo 2010

24 MC MARZO 2010 menta: «Io ti condurrò, o Re Messia, e ti farò entrare nel mio Tempio; e tu m’insegnerai a temere il Signore e a camminare nelle sue vie. Là ci nutriremo ... e berremo il vino vecchio tenuto in serbo nei suoi grappoli fin dal giorno che fu creato il mondo». Il vino è creato da Dio nei giorni della creazione e conservato per il grande giorno del Messia (cf Talmud di Babilonia Berakot 34b = B- Sanhedrin 99a; Jlqut Chimoni a Gen 2,8). In Gv 2,10 l’ar- citriclino rimprovera lo sposo con parole identiche: «Tu hai tenuto in serbo il vino buono fino ad ora». L’apocrifo dell’AT, Apocalisse di Baruc (sec. II d.C.) pre- senta la vigna come «l’albero che sedusse Adamo» e che Dio maledisse, strappando la vite e annegandola nel di- luvio universale. Noè però dopo il diluvio, piantò tutte le piante che trovò, compresa la vite, ma prima di pian- tarla memore della rovina del patriarca Adamo chiese a Dio consiglio. Dio gli suggerì di piantarla: «Levati, Mosè, pianta la vite, poiché così dice il Signore: l’a- marezza in essa verrà mutata in dolcezza, e la maledizione che è in essa diverrà benedizione; e quanto verrà tratto da lei, diverrà il sangue di Dio; e come attraverso di lei l’uma- nità ha attirato la dannazione, così essi attraverso Gesù Cristo, l’Emmanuele, riceveranno con essa la loro chiamata verso l’alto e il loro ingresso nel paradiso» ( 2Baruc 4,15). Per rivelare al faraone la Presenza del Dio liberatore, Mosè cambia l’acqua del Nilo in sangue (Es 4,9; cfr 7,14-25), ora nel NT, il nuovo Mosè cambia l’acqua di Cana in vino, prefigura del suo sangue che sarà versa- to sulla croce per lavare i figli dell’antica e della nuova alleanza. L’autore del racconto non ci spiega espressa- mente qual è il senso del racconto, ma ci obbliga a non fermarci alla superficie e a pescare nel pozzo profondo della Parola. Una cosa però è chiara: A Cana Gesù «ma- nifestò la sua gloria e i suoi discepoli cedettero in lui» (Gv 2,11). Il senso finale del simbolismo del vino è la Pa- rola/Lògos/Dabàr che rivela il Cristo, cioè il suo Vange- lo, la sua Persona come splendidamente sintetizza Sant’Agostino: «… di quelle nozze nelle quali lo sposo è Cristo … Lo sposo delle nozze di Cana, infatti, cui fu detto: Hai conservato il buon vino fino ad ora , rappresentava la persona del Signore. Cristo, infatti, aveva conservato fino a quel momento il buon vino, cioè il suo Vangelo » ( Omelia 9,2 (PL 35, 1459). I L VINO DEL V ANGELO Il primo segno che Gesù opera nel Vangelo di Gio- vanni è l’abbondanza del vino e il vino è il simbolo del- la sua Parola rivelatrice che lo pone così sullo stesso piano del Dio del Sinai, di cui le nozze di Cana sono ri- presa e rinnovamento. Come al Sinai, Dio rivelò se stes- so «nel terzo giorno», così ora anche Gesù rivela se stes- so «nel terzo giorno»: al Sinai Israele ricevette la Toràh , a Cana l’umanità riceve il vino bello della sua Gloria. O- ra sì, possiamo anche comprendere perché Gesù dice di se stesso: « Io-Sono la vite vera» (Gv 15,1) perché con lui si riapre il tempo dell’alleanza e il vino della Parola scorre abbondante e senza misura «in Gerusalemme, in tutta la Giudea e la Samarìa e fino ai confini della ter- ra» (At 1,8) perché ora l’umanità nuova, invitata a Cana può accostarsi al cuore di Dio per «vedere» la Parola e gustare il vino nuovo banchetto finale: «Prese un calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. E disse loro: “Questo è il mio sangue dell’alleanza, che è versato per tutti. In verità io vi dico che non berrò mai più del frutto della vite fino al giorno in cui non lo berrò di nuovo, nel regno di Dio» (Mc 14,23-25). Il senso generale del racconto ci apre prospettive straordinarie per la fede e la testimonianza: non si trat- ta di un matrimonio quanto della nuova alleanza che i- naugura i tempi nuovi nell’umanità di Cristo come ri- presa e compimento dell’alleanza del Sinai che ora è re- staurata e compiuta: la nuova umanità, noi siamo tutti invitati alle nozze di Dio con il suo popolo che ora rac- coglie tutti i popoli. Il banchetto eucaristico che cele- briamo nella storia è la nostra Cana dove il vino è mu- tato in sangue e la Parola diventa il pane del corpo del Signore, i segni nuovi che ci abilitano ad andare nel mondo ed essere anche noi segni visibili di nuzialità e di gioia. Se il vino del Sinai è la Toràh e quello di Cana è la Parola, il vino per noi è il Vangelo, cioè Gesù il Cri- sto, la rivelazione del Padre, in forza della testimonian- za di Marco: «Principio del Vangelo, cioè Gesù, cioè il Cristo, cioè il Figlio di Dio» (Mc 1,1). [ continua - 11 ] [1] Un kor corrisponde ad una misura di circa 364 ettolitri, cioè 275 quintali che corrispondono al reddito di 42 ettari di terra, cioè a 2.500 denari circa. Se si considera che un de- naro era la paga giornaliera di un operaio, un Kor corrispon- deva all’equivalente di sei anni e otto mesi di lavoro di un operaio. Una cifra… da Dio! [2] La metrète corrispondeva a circa 30 litri liquidi per cui per Ireneo, ogni acino darà 750 litri ciascuno.

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