Missioni Consolata - Febbraio 2010
DOSSIER 36 MC FEBBRAIO 2010 Ben venga allora la lontana e sconosciuta Mongolia a farci sentire il fascino degli inizi, del- l’assoluta fiducia nello Spirito che opera al di là dei recinti e delle iniziative umane. E ben venga, dopo tanto mal d’Africa, un po’ di mal di Mongolia. ■ per il nostro modo di vivere come chiese dell’Europa e in modo particolare dell’Italia: chiese capaci sì di missione verso l’estero, ma ancora esi- tanti nel dare al loro vissuto quo- tidiano l’impronta dell’annuncio, della Parola offerta, della vici- nanza gratuita, della rinuncia a una mentalità di calcoli e di con- trollo sociale. In una parola, chiese capaci di autentica mis- sione. Cristianesimo in Mongolia I l Nestorianesimo ha lasciato importanti tracce che testimoniano la penetrazione cristiana in tutta l’Asia, compresa quella continentale, e dun- que anche nei territori dell’odierna Mongolia, fin dai primi secoli. Si può dire, tuttavia, che la storia del cristianesimo in Mongolia conobbe una nuova fase da quando Gengis Khan, ampliando il suo impero, incorporò vaste zone dell’Impero Persiano in cui erano pre- senti consistenti comunità nestoriane. Per capire qualcosa di questa comunità bisogna ri- salire a Nestorio, patriarca di Costantinopoli che non riconobbe i decreti del Concilio di Efeso del 431 in quanto riteneva validi solo i decreti di Nicea e Costantinopoli. In sostanza, Nestorio e i suoi se- guaci sostenevano che in Cristo non c’era l’unione di due nature, ma piuttosto di due persone (Dio e l’uomo) unite dal punto di vista morale più che so- stanziale; in concreto, quindi, l’umanità di Gesù sarebbe stata una sorta di «tempio» in cui era ac- colta la divinità. Veniva dunque negato a Maria l’appellativo di «Madre di Dio», sostenendo che essa fosse la madre solo dell’uomo Gesù. Nel 451, al Concilio di Calcedonia, si condannarono tanto il Monofisismo quanto il Nestorianesimo; i ne- storiani del resto si erano già propagati in vaste zone dell’Asia sotto l’Impero persiano che, in un certo qual modo, li proteggeva essendo essi cri- stiani, ma in rotta con l’Impero Bizantino. Essi fu- rono i veri missionari dell’Asia, fondarono comu- nità nelle zone più remote e, quel che più conta, crearono delle scuole di teologia di un certo ri- lievo. Quando i nestoriani furono espulsi dall’Impero Bizantino trovarono ospitalità nell’Impero Persiano e la propagazione del loro credo raggiunse la Cina e la Mongolia. La loro in- tensa attività missionaria è all’origine del perso- naggio medioevale del Prete Gianni, figura mitica di re cristiano asiatico del cui regno, mai localiz- zato con certezza, scrissero viaggiatori e letterati. Il loro declino iniziò con l’arrivo dell’Islam e con la relativa conversione di tutto l’Impero. Quando le armate di Tamerlano con la loro travolgente avan- zata islamica assoggettarono tutti i popoli, anche per i nestoriani si chiuse definitivamente il loro ci- clo. Oggi essi sono una piccola minoranza nella costellazione delle confessioni cristiane del Medio e dell’Estremo Oriente. Un secondo momento in cui il cristianesimo co- nobbe una certa crescita, fu negli anni a cavallo tra XIII e XIV secolo quando, con l’arrivo dei Francescani, si voleva iniziare un progetto più arti- colato di evangelizzazione che, ad ogni buon conto, non superò mai il livello della semplice di- plomazia. In ogni caso la presenza delle comunità cristiane fu sempre limitata a entità abbastanza ri- dotte. Tra le loro file emersero comunque figure di prima grandezza come Guglielmo di Rubruk, Giovanni da Montecorvino e Giovanni da Pian del Carpine. V erso la fine del 1800, su mandato di Propaganda Fide (l’odierno dicastero vati- cano per l’evangelizzazione dei popoli), arri- varono in Cina e nell’attuale Mongolia interna i pa- dri belgi della congregazione dell’Immacolato Cuore di Maria meglio conosciuta come i missio- nari di Scheut (dal nome della cittadina belga da cui provenivano), i quali avviarono un interes- sante lavoro di promozione sociale che venne bru- scamente interrotto con l’avvento del comunismo. Oggi, grazie al nuovo clima politico e alla demo- crazia vigente nel paese, si può dire che in Mongolia c’è libertà religiosa, anche se con alcune restrizioni; una situazione di questo genere spa- lanca le porte non solo al ritorno delle grandi tra- dizioni religiose, ma purtroppo anche alle inva- denti sette evangeliche, poco propense a misurarsi sul piano ecumenico. In epoca contemporanea, grazie al ritorno della democrazia, si sono riaperti i monasteri e i templi e si assiste in tutto il paese ad un interessante risveglio religioso. Attualmente la comunità cristiana in Mongolia ha un forte le- game con la Corea del Sud, con i paesi dell’Europa e altri paesi asiatici da cui provengono i missio- nari. Dall’aprile del ‘92 sono riprese le relazioni di- plomatiche con la Santa Sede e ufficialmente fece ritorno in Mongolia la congregazione dei missio- nari di Scheut; il personale apostolico che approdò in quegli anni in Mongolia non era più di naziona- lità belga, bensì di provenienza internazionale. L’attuale vescovo di Ulaanbaatar, mons. Wenceslao Padilla è di nazionalità filippina ed ha assunto, su mandato della Santa Sede, la responsabilità pasto- rale dell’intera Mongolia. M.B. Don Gianni Cesana con Sukhee, ex lottatore ed autista del gruppo.
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