Missioni Consolata - Febbraio 2010
DOSSIER lica all’interno del paese. Vi lavo- rano i missionari e le missionarie della Consolata che condividono la vita della gente, occupandosi prevalentemente di attività sociali (cura di donne sole con bambini, orfani, corsi di economia dome- stica, laboratori per la produ- zione di oggettistica da regalo in perfetto stile locale…). Qui ci ac- coglie padre Giorgio Marengo, un torinese che parla il mongolo come se fosse nato in una gher della steppa. Sulle alture che circondano la cittadina stanno nascendo piccoli quartieri pittoreschi, con i colora- tissimi tetti delle case. Non man- cano anche villaggi per turisti che vogliono affrontare percorsi di trekking verso il deserto del Gobi, non molto lontano, o percorsi in bicicletta o a cavallo lungo le pi- ste della steppa. In effetti il mezzo di trasporto assoluto in Mongolia è il ca- vallo, selvaggio e instancabile, animale sacro per la popola- zione. Talora si vedono cam- quell’evento furono documentate da Giovanni da Pian del Carpine). Ovviamente non possiamo man- care di visitare il grande mona- stero di Gandan Khiid, uno dei più importanti della Mongolia. Il nome del monastero tradotto si- gnifica approssimativamente «il grande luogo della gioia com- pleta». Centinaia di monaci accol- gono i pellegrini e nei diversi templi officiano le cerimonie reli- giose e i momenti di preghiera. Nonostante i danneggiamenti provocati durante la persecu- zione staliniana, l’area religiosa del Gandan offre ancora uno straordinario colpo d’occhio con i suoi templi e i giardini fioriti ed anche ai turisti stranieri, distratti e concentrati spesso sulle mac- chine fotografiche, offre oppor- tunità di silenzio e di riflessione. S i abbandona la capitale per af- frontare la steppa, in que- sto periodo verde e accatti- vante, con frequenti mutamenti di scenari paesaggistici: si passa dalla pianura piatta e punteggiata da pozze di acqua piovana ad un ambiente collinare, o comunque molto mosso, ad altipiani, tal in lingua mongola, ai cui piedi sor- gono ora villaggi turistici (quasi ai margini del deserto), ora fattorie di allevatori di cavalli, di pecore e di bovini. È molto più raro incon- trare qualche villaggio di alleva- tori di renne che si distinguono per le tende di pelle, molto simili a quelle degli indiani del Nordamerica. Prevalgono invece gli accampamenti con le tende più tipica- mente mongole, le gher , foderate con una sorta di feltro di lana pressata che ripara dal freddo e dal vento, compagno abituale dei pastori della steppa. La nostra meta è Arvaiheer, capoluogo di una regione nel cuore della Mongolia, non molto lontano dall’an- tica Kharakhorin, dove visi- teremo il più antico mona- stero mongolo, fondato nel XVI secolo, in quella che fu per un tempo capitale del- l’impero mongolo. Arvaiheer non offre grandi attrattive tu- ristiche, ma per noi italiani di- venta importante perché siamo ospiti della prima e per ora unica missione catto- A sinistra in alto: tempio buddista. Al centro: modernità e tradizione. Una gher fra i palazzi della capitale. Sotto: donna raccoglie lo sterco che verrà usato per il riscaldamento. 32 MC FEBBRAIO 2010
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