Missioni Consolata - Febbraio 2010
MISSIONI CONSOLATA MC FEBBRAIO 2010 21 In queste pagine: porto di Portopalo di Capopassero, Sicilia, scene di «ordi- naria emergenza» all’arrivo degli im- migrati dal Nord Africa. ta meridionale estrema. E lì, un pae- sino che sembra galleggiare nel Mediterraneo, bruciato dal sole e accarezzato dal vento caldo tutto l’anno: Portopalo di Capopassero. Tremila abitanti che nella stagio- ne estiva diventano cinquantamila, perché Portopalo è un’altra Italia. L’accoglienza della gente, i sorrisi e la disponibilità di chiunque lasciano il segno nel cuore di chi vi approda. Ecco perché parlo di un’altra Italia. I ritmi sono diversi ma ciò non signi- fica che non si lavori. I portopalesi sono uomini e donne che conosco- no il lavoro duro dei campi, del ma- re; la maggior parte sono pescatori e agricoltori. E lavorare a una tempe- ratura che in estate raggiunge tran- quillamente i 45° non è semplice.Ma parlando con SergioTaccone (noto giornalista portopalese che scrive per il quotidiano La Sicilia e tra i vin- citori del Premio giornalistico «Maria Grazia Cutoli» edizione 2009) e altri organizzatori del Premio, sono venu- ta a conoscenza dell’altra realtà por- topalese: quella degli sbarchi dei mi- granti. «E ro straniero emi avete ac- colto» è l’insegnamento che gli abitanti di Portopalo di Capopassero hanno non solo assi- milatomamesso in pratica.Essendo la cittadina situata all’estremo Sud della Sicilia,è dal 1991 approdo delle cosiddette «carrette del mare» im- bottite di disperati che scappano dalle loro drammatiche situazioni con il solito sogno di una vita miglio- re. Con Sergiomi reco al porto, colo- rato da barche adornate da scritte in arabo e simboli portafortuna.È im- pressionante pensare come quei re- litti di legno consumato che si sbri- ciolano con la sola forza dello sguar- do e dalle dimensioni estremamente ridotte,possano aver accolto un cen- tinaio e più di persone.Noi ci preoc- cupiamo di queste carrette che ci «spadellano» centinaia e centinaia di migranti. Loro fuggono da una violenta po- vertà. Circa duemila disperati l’anno sbarcano sul queste coste e i porto- palesi sono riusciti a mettere in mo- to una straordinaria macchina di volontariato. Pescatori, impiegati, a- gricoltori, studenti, liberi professio- nisti di tutte le età si muovono vo- lontariamente, dopo una giornata di lavoro, per garantire un primo soccorso ai clandestini. Spiega Sergio Taccone: «Si parla di circa 400 volontari,molti dei quali sempre operativi, anche in orario notturno, a seconda delle esigenze del caso. L’origine di questo feno- meno risale ai primi anni ’90.Tra la fine del ’90 e l’inizio del ’91 si regi- strarono i primi sbarchi di immigrati nel territorio portopalese. Il merito di allestire il nucleo originario del volontariato locale è del parroco della chiesa di San Gaetano, unica parrocchia del paese, don Calogero Palacino. Il prete, a Portopalo dal 1990,mise a disposizione le struttu- re parrocchiali, compreso un terre- no, oggi adibito a struttura sportiva e ad oratorio, dove si approntò la prima accoglienza di immigrati pro- venienti dall’Asia e approdati all’Iso- la delle Correnti, a cinque chilometri dal centro abitato di Portopalo». Oggi sono cinque le grandi realtà di cooperazione a Portopalo: il Gruppo comunale di protezione ci- vile, la Caritas Parrocchiale, l’Azione Cattolica, la Croce Rossa Italiana, la Misericordia, la cui attività di primo soccorso ai migranti è stata certifi-
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