Missioni Consolata - Gennaio 2010

Cari mission @ ri 6 MC GENNAIO 2010 Ricordo quando due anni fa venne presentata al festival di Sanremo u- na canzone di Simone Cristicchi, «Ti regalerò u- na rosa», brano decisa- mente fuori dai soliti schemi della kermesse canora più famosa d’Ita- lia. Erano parole che l’au- tore metteva nella bocca di Antonio, un matto, che dal tetro ospedale psi- chiatrico che l’ospitava scriveva una lettera d’a- more alla ragazza che a- mava. La canzone sor- prendentemente vinse ed ebbe il merito, anche per l’intelligenza del suo autore, di far guadagna- re le prime pagine dei giornali a un problema che, come lei ben sottoli- nea, è sotto la luce dei ri- flettori mediatici quasi e- sclusivamente quando riempie qualche colonna di cronaca nera. Sono davvero poche le occasio- ni in cui la follia umana ci viene presentata in un modo che rispetti la di- gnità del malato di men- te, considerandolo perso- na capace di esprimere sentimenti. Grazie per a- ver riconosciuto questa attenzione verso i più de- boli da parte della nostra rivista. È qualcosa che ci convince del fatto che stiamo compiendo la no- stramissione. Soprattut- to quando, come nel caso del manicomio di Borda, in Argentina, riusciamo a dar voce a situazioni che rimarrebbero altrimenti sconosciute. Sanità che fa acqua Sono una mamma «an- ziana» di una ragazza af- fetta da sclerosi multipla da circa nove anni. È un’insegnante di scuola materna, con un salario di circa 1.200 Euro al mese. Mia figlia è sempre stata presente sul lavoro, mal- grado le cure pesanti, co- me Interferone, Copaxo- ne, ecc. Da qualche anno la si- tuazione è peggiorata. È i- nabile al 75% delle pro- prie funzionalità, non ri- ceve alcun aiuto da parte del Servizio Sanitario, né dall’Assistenza sociale, tanto meno riceve un con- tributo in denaro: deve pagare tutto! Oltre alla patologia degenerativa, ha sviluppato una depres- sione come conseguenza della malattia. I farmaci per curare la depressione sono molto costosi e non sono mutuabili; il tutto si traduce in un costo non indifferente e insostenibi- le. Inoltre, essendo «sin- gle», paga tasse in busta per migliaia di euro all’an- no e non è giusto che un ammalato debba dare un solido contributo allo sta- to, dovrebbe almeno esse- re esentata dalle tasse. Mi chiedo, anzi si chie- dono queste creature che soffrono nel corpo e nella mente, perché il governo non fa niente? Una cittadina italiana e mamma molto angoscia- ta e arrabbiata. Lettera firmata Gentile lettrice, dando voce al suo sfogo siamo sicuri di raccogliere il la- mento di tante altre per- sone che vivono situazio- ni di disagio e che si sen- tono lasciate sole, abbandonate dal conte- sto e da istituzioni che fanno fatica a venire in- contro alle loro esigenze primarie tra cui, certa- mente, quella sanitaria. Parlando con persone che condividono la stessa condizione da lei descrit- ta nella lettera ci è stato però presentato un qua- dro leggermente diffe- rente che, anzi, sottoli- nea un impegno concre- to da parte della sanità pubblica nel venire in- contro a persone colpite dalla stessa infermità, sostenendo spese medi- che e farmacologiche che sarebbero altrimenti al di fuori della possibilità e- conomica dei più. Molte informazioni al riguardo vengono fornite dall’ As- sociazione Italiana Scle- rosi Multipla (Aism), te- lefonando al numero ver- de 800-803028, o consultando il sito: www.aism.it . Ancora «matti» Gentile Redazione, sono una volontaria ospe- daliera che presta servizio tra i malati psichiatrici e vorrei esprimervi il mio apprezzamento per l’at- tenzione costante con cui seguite sulla vostra rivista il tema del disagio menta- le. Mi riferisco alla serie di articoli curati da Paolo Moiola , come il dossier su «La follia, una condizione umana» (gennaio 2006) o i più recenti servizi sul manicomio «Borda» in Ar- gentina, dove i matti ge- stiscono da anni un pro- gramma radiofonico. Quel che ho apprezzato soprat- tutto in questi articoli è il taglio positivo che viene dato, il messaggio che il malato mentale non è so- lo un problema o un fasti- dio per la società, ma può rappresentare una risorsa. E, in ogni caso, è una per- sona con un valore e una dignità che vanno ricono- sciuti e rispettati. Purtroppo, oggi, la mag- gior parte dei media ci presenta questo universo umano soltanto in termi- ni allarmistici, come quando, per esempio, si verifica qualche grave epi- sodio di cronaca. Come accade per l’immigrato, anche il malato mentale viene rappresentato nella nostra società attraverso il linguaggio del pericolo (per gli altri), della minac- cia alla sicurezza e - in de- finitiva - della paura. Ma si dimentica di dire che questi ammalati sono i primi a vivere in situazioni di grave sofferenza perso- nale, di solitudine, di e- marginazione e anche, proprio loro, di paura. I matti hanno mille paure: non solo le paure «strane» e malate dettate dai loro deliri, ma anche paure del tutto normali e compren- sibili: paura di non farcela, di non guarire, di non es- sere accettati e amati. E tanta, tanta paura del giu- dizio di noi «normali». Vi ringrazio quindi per- ché con il vostro lavoro contribuite a sfatare l’im- magine demonizzata del folle che oggi va per la maggiore. E perché tenete l’occhio puntato anche sulle realtà «altre» del Sud del mondo, di cui pra- ticamente non sappiamo nulla. Perché se già abbia- mo così poca familiarità con i matti «nostrani», fi- guriamoci con quelli d’ol- treoceano! Continuate così. StefaniaMaiorino

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