Missioni Consolata - Gennaio 2010

MISSIONI CONSOLATA Nonostante le polemiche sui ritar- di, Gorbacev dedicò attenzione alla tragedia e visitò personalmente tut- ta la zona. La soluzione fu sovietica- mente pronta: rifugio per tutti e via alla costruzione di una città ex novo inmegacondomini di cemento nelle campagne attigue. Una soluzione rapida, razionale e ugualitaria, anche se esteticamente più che discutibile... Molti abitanti furono temporanea- mente sistemati ovunque nell'Urss (e tanti di questi non tornaronomai: ricongiungimenti familiari, tragedie personali,perestroika,...), altri siste- mati provvisoriamente nelle domics . Nell'arco di un anno lemacerie furo- no rimosse e la città tornò ad avere acqua, elettricità ed i servizi di base. Chi aveva ancora un tetto (in senso letterale) ricostruì, gli altri aspettava- no i nuovi appartamenti. Ma poco dopo l'Unione Sovietica crollò e l'Armenia diventò una Re- pubblica indipendente... Ricapitolando, il terremoto arriva nel 1988, nel 1989 cade il muro di Berlino e nel 1991 l'Unione Sovietica implode definitivamente. Il popolo armeno sogna da millenni pace e in- dipendenza, ma puntualmente non li trova.Nel 1992 infatti scoppia la guerra con l'Azerbaijan per una que- stione «etnica» non più tenuta a ba- da dall'Impero sovietico ( vedi prece- dente puntata ). G yumri,giàdevastatadal terre- moto, oraèallepreseconuna situazione internazionaleche nonpermettenessunaiuto,avendo uomini e risorse impegnati in una guerra. Prima di tutto è lo stop alla rico- struzione: chi finisce di pagare i lavo- ri? Il Cremlino che ha vissuto le di- chiarazioni d'indipendenza come un'umiliazione o l'Armenia che neanche ha una vera moneta nazio- nale (oltre che una politica)? Basta andare a dare un'occhiata e si vede che le strutture sono rimaste tali e quali a come erano state lascia- te vent'anni fa dai sovietici:poche e- rano quasi terminate e sono state occupate così, tante sono poco più che scheletri, tantissime una via di mezzo. Di fatto, caduto il comunismo, o- gnuno è rimasto con quello che ave- va, causando a Gyumri un parados- sale sconvolgimento delle situazioni sociali. I gyumretzi che abitavano le belle palazzine del centro storico ne sono rimasti i proprietari,ma vivono oggi in una situazione paradossale. Si sono arrangiati in quei pezzi di ca- sa che non sono crollati e li hanno ri- sistemati come potevano.Quel che resta delle case è ancora bello nono- stante i «rattoppi» conmetallo, le- gno e qualsiasi altra soluzione più o meno di fortuna. I blocchi di pietra non sono intonacati e quindi non si crepano o rovinano.Ciò che non è crollato è rimasto bello e originale a ricordo di uno splendore passato. Queste case non erano conve- nienti da ristrutturare per il razionali- smo sovietico e chi le abitava sareb- be con tutta probabilità finito in quelle ancora in costruzione. Le case dell'epoca di Stalin e Cru- MC GENNAIO 2010 53 scev, fatte di tufo in stile tradizionale ma grandi, semplici, e divise in ap- partamenti, furono quelle che in città subirono i danni minori. Furono convenientemente riparate e gli in- quilini i primi ad essere risistemati. Queste famiglie erano le più fortu- nate, primo perché non ebbero morti tra lemacerie e secondo per- ché si ritrovarono gli unici in città con una vera abitazione. Chi abitava infatti i casermoni sovietici più re- UNA PASSEGGIATA AL CIMITERO I l più grande cimitero di Gyumri è aperto ed incustodito. Un grup- petto di uomini sta lavorando su una tomba con un via vai di sacchi di cemento in spalla che non si fanno problemi a saltare da una la- pide all'altra per tagliare il duro percorso. Come normale qui in Armenia, si è radunata una piccola folla tra ope- rai, direttori lavori, amici e consu- lenti... Pochi altri visitatori con fiori e sco- petto in mano, sbrigano veloce- mente la loro visita. Il cimitero custodisce antiche lapidi di pietra, blocchi intarsiati con al centro la tipica croce armena, a fianco di tombe più recenti e son- tuose, che ritraggono con un busto in pietra il defunto. Negli anni recenti alla tradizione del busto si è sostituita una tecnica molto particolare: un ritratto chiaro su blocco di marmo scuro posto perpendicolarmente al terreno. Questo cimitero ospita tantissimi dei morti del terremoto del 1988, ri- conoscibili non solo dalla ricorrente data di morte ma anche da un qua- drante di orologio inciso sul marmo che indica le 11,40, ora in cui si pro- dusse il tragico sisma. Un dettaglio ancora colpisce l'attenzione. I ritratti sulle lapidi di marmo sono raramente individuali, come i busti in pietra dei coniugi erano spesso posti l'uno accanto al- l'altro, così sulle lunghe lapidi di marmo scuro compaiono i ritratti chiari di parenti l'uno accanto all'al- tro: coniugi, fratelli, figli,... a se- conda di come la famiglia (pratica- mente tutte in città) è stata scon- volta dal terremoto. Il matrimonio resta la base della so- cietà, davvero portato fin oltre la morte. I coniugi «riposano» sempre insieme e si «aspettano» l'un l'altro: o si lascia mezza lapide vuota o ad- dirittura si pongono già ritratto e data di nascita, dovendo all'occor- renza solo più aggiungere quella di morte. Andrea Filippi Sulla famiglia

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