Missioni Consolata - Gennaio 2010

DOSSIER 42 MC GENNAIO 2010 cui è costretto il Xinjiang a pre- valere tra il suo popolo possa essere un’interpretazione fon- damentalista dell’islam? «Tradizionalmente gli uiguri non sono fondamentalisti islamici. Ogni giorno però nel Turkestan Orientale degli uiguri vengono ar- restati perché accusati di essere fondamentalisti islamici. Per Pe- chino un “terrorista” e un “integra- lista” sono la stessa cosa. Sono eti- chette che ci appiccicano per na- scondere le loro politiche nei nostri confronti: divieto della diffusione della letteratura uigura, trasferi- mento forzato delle ragazze uigu- re all’interno della Cina, esecuzio- ni di detenuti politici, controllo del- le nascite, limitazioni al culto islamico, immigrazione di milioni di han e mancanza di lavoro per noi». Nel suo libro racconta delle ma- nifestazioni di dissenso, spes- so spontanee, inscenate negli anni ‘80 e ‘90dalla popolazione. E oggi? «Oggi le uniche manifestazioni di dissenso che ci sono consentite sono quelle all’estero. A Gulja, Ka- shgar, Urumqi, manifestare equi- varrebbe a essere arrestati e tortu- rati». Come quello che è successo a Urumqi lo scorso luglio? «Esattamente. A Urumqi, quella che era una manifestazione pacifi- ca è stata trasformata in protesta violenta. Alcune migliaia di uiguri sono scesi per le strade per dimo- strare il proprio dissenso contro il fatto che i responsabili dei fatti del Guangdong, dove due uiguri (il go- verno dice due, noi pensiamo che i morti siano stati una sessantina) sono stati accusati ingiustamente di stupro e uccisi, non siano stati puniti con gli stessi metodi che si usano con noi. Inoltre, molte fami- glie erano estremamente preoccu- pate per il trasferimento di giova- ni ragazze dal Xinjiang alle regio- ni costiere della Cina. Vengono sistemate in alloggi fatiscenti e fat- te lavorare come operaie tessili, oppure come ballerine. Tra i mani- festanti qualcuno aveva la bandie- ra cinese. La polizia, inizialmente, ha lasciato fare. Quando è calato il buio hanno sparato sulla folla: ave- vano bisogno di un motivo per re- primere e annullare le giuste ri- chieste di coloro che protestavano. Quello che è successo in seguito non è verificabile: sicuramente è stato fomentato l’odio etnico e al- cuni han hanno ucciso uiguri, e vi- ceversa». Come è la situazione ora nella regione? «Il Turkestan Orientale è isolato dal mondo esterno, non si può ac- cedere a internet né fare o riceve- re telefonate dall’estero. Questo da luglio e senza che nessuno, dalla comunità internazionale, abbia le- vato una voce di protesta. Sono au- mentati i fermi arbitrari e tanti gio- vani continuano a sparire ogni giorno. Purtroppo anche per noi è difficile avere notizie, ma sappia- mo che gli han stanno acquisendo sempre più importanza e potere. Se un membro dell’etnia han of- fende o aggredisce uno uiguro per strada, è giustificato. Può anche ar- rivare a ucciderlo e ricevere solo applausi. Anche prima era così: gli han che affluiscono nel Turkestan Orientale dal resto della Cina ven- gono indottrinati e viene loro spie- gato che noi uiguri siamo un po- polo arretrato, sporco e ignorante. In questo modo si sono sempre sentiti superiori e in diritto di trat- tarci come trattano gli animali». C’è quindi una nuova genera- zione di uiguri che non si iden- tifica in simboli religiosi e tra- dizionali, ma che chiede esclu- sivamente uguali diritti e maggiore integrazione? «A quanto pare è proprio così. Il problema è che queste istanze non vengono accettate. Ci viene rispo- sto: o vi lasciate assimilare, o vi aspetta la morte. E per noi è im- possibile vivere come gli han. Bi- sogna aggiungere che Wang Le- quan, segretario del partito regio- nale e “re” del Turkestan Orientale, ha tutto l’interesse a mantenere la regione instabile e a non conce- derci i diritti che ci spettano. Dal 1994 è segretario del partito re- Calzolai in una strada di Ghulja. Ultima di copertina: bambino del guppo etnico hui (dungano) in un vicolo di Ghulja.

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