Missioni Consolata - Gennaio 2010
MISSIONI CONSOLATA MC GENNAIO 2010 11 suo intervento con l’invito scherzoso «Benvenuti a bordo.Allacciate le cin- ture!». Testo alla mano, 14 pagine fitte fitte nella copia data ai giornalisti, ho seguito la relazione dai monitor della sala stampa semideserta,mentre, co- me al solito, il nostro usava alternati- vamente una della quattro lingue uffi- ciali del sinodo. «Passando in rassegna le istanze e le riflessioni su queste“luci ed ombre”, come i padri sinodali le hanno e- spresse, le considereremo come sfide ed opportunità per la conversione, al- la luce della nostra fede in Cristo, che il primo sinodo chiamò“ nostra spe- ranza e nostra risurrezione ”». Non è possibile in queste poche pagine entrare sia nei dettagli degli interventi che della sintesi del cardi- nale. A conclusione egli presentò 25 domande come base per la seconda fase dei lavori sinodali: i lavori di gruppo. Lavori di gruppo Divisi in cinque gruppi di lingua francese, uno portoghese, cinque in- glesi e uno misto franco-inglese, i e del suo esercizio collegiale. Esso è un esercizio di comunione ecclesiale ; […] Questo è un esercizio della fami- glia di Dio universale e del corpomi- stico... unito in sé nella comune vita in Cristo. Non è quindi un affare esclusi- vamente africano né un’assemblea con partecipanti non-africani. Piutto- sto è il discernimento della chiesa u- niversale su come mantenere sano per l’umanità l’enorme polmone spiri- tuale dell’Africa , per realizzare la sua missione di sale e luce». Uno dei padri esplicitò questa realtà spiegando come il sinodo non fosse la «Mamma chiesa che si china in compassione verso la povera bam- bina Africa,malata e bistrattata»,ma fosse piuttosto una riunione di fami- glia, dove tutti, figlie e figli, erano ra- dunati alla pari attorno al padre (il pa- pa), per discutere dei problemi co- muni. Aveva poi ricordato l’importanza particolare dell’anziano nella famiglia africana, come segno di unità tra tutti, sottolineando come la presenza continua di papa Benedet- to XVI nell’assemblea fosse stata grandemente apprezzata dai vescovi africani proprio come servizio di u- nità nella chiesa-famiglia. Da questi elementi, i vescovi africa- ni cominciarono a rendersi conto di due nuove realtà: Prima: una inedita unità tra tutti gli episcopati del continente, fino a quel momento divisi su linee linguistiche e geografiche. Le chiese del Nord A- frica, così uniche per situazione di mi- noranza in un mondo musulmano e divise dal Sud da quell’oceano di sab- bia che è il Sahara, han scoperte lega- mi nuovi, attraverso le migliaia di stu- denti nelle università e i migranti (di- retti in Europa ma bloccati in Nord Africa) che ormai costituiscono il ner- bo delle comunità cattoliche norda- fricane. Da qui la coscienza e il biso- gno di una nuova cooperazione tra nord e sud sia nella cura pastorale che nel dialogo con l’Islam. Allo stes- so tempo le chiese dell’Ovest hanno superato la divisione linguistica (in- glese - francese) e si sono unite in una sola conferenza episcopale. In più tutte le conferenze si sono rese conto di condividere profondamente gli stessi problemi fondamentali che ormai richiedono risposte coordinate a livello continentale. Seconda: un nuovo senso di unità e (soprattutto) di pari dignità con le membri del sinodo si misero al lavo- ro su due obiettivi: scrivere un mes- saggio al popolo di Dio, specialmen- te in Africa, e raccogliere una serie proposizioni da presentare al papa come aiuto per l’esortazione aposto- lica che lui scrive a conclusione di o- gni sinodo. In questa fase entrò in azione un piccolo esercito, prima invisibile, quello degli esperti al seguito. Prati- camente ogni conferenza episcopale era venuta con teologi, biblisti, uomi- ni e donne, esperti di pastorale e di u- manità. Questi, passivi nella prima fa- se, pur senza entrare nell’aula sino- dale, lavorarono freneticamente a rivedere i contributi dei loro vescovi, discutere le sintesi dei lavori di grup- po, raffinarne il linguaggio e suggeri- re quanto era dimenticato. Fu un la- voro intenso che vide i moderatori e segretari dei gruppi fare molti straor- dinari. Una nuova autocoscienza Mentre questo lavoro frenetico an- dava avanti, cominciò ad emergere una cosa interessante: c’era una tra- sformazione in atto nei vescovi.Un primo indizio era già visibile nella sin- tesi del cardinale Turkson, che aveva scritto: «Benché sia chiaro che la mag- gior parte dei partecipanti alla nostra assemblea siano africani o a loro col- legati, ciò non può venire a detrimen- to né diminuire il carattere ecclesiale veramente universale di questa assise Sinistra: momento di preghiera mattutina nell’aula sinodale. Qui sopra, da sinistra: Mons. Giuseppe Fazzoli di Lira e Mons. J. Baptist Odama di Gulu in Uganda; Mons. Edward H. Kussala di Tombora Yambio in Sudan e P. Joseph Mumbere del Congo raccon- tano del dramma dei Grandi Laghi.
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