Missioni Consolata - Dicembre 2009
52 MC DICEMBRE 2009 PERÚ che non sono ancora state debellate. Manca una campagna di prevenzio- ne, anche se è noto che ad uno stato costa di più curare un’infermità piut- tosto che prevenirla. Stessa cosa per l’educazione.Oc- corre garantire e provvedere gratui- tamente almeno a quella primaria e secondaria. E poi occorre un sistema di borse di studio che consenta ai settori più poveri di accedere all’i- struzione superiore ed universitaria. Occorre razionalizzare l’offerta uni- versitaria: in Perú ci sono centinaia di Università.Ci sono avvocati in ecces- so per i prossimi 10 anni,ma carenze in altri campi.D’altra parte, ci sono molti specializzati che se ne vanno «Indubbiamente.C’è un razzismo velato e c’è un razzismomanifesto. Da parte nostra e di altri ci sono campagne interessanti e fantasiose per creare una coscienza civica su ciò che significa esclusione e discri- minazione. Per evidenziare compor- tamenti razzisti e discriminatori da parte dei cittadini. Su questo terre- no, giustamente, ha insistitomolto la relazione della Commissione della verità.Nella guerra civile che insan- guinò il Perú dal 1980 al 2000 la maggioranza delle vittime furono contadini di lingua quechua e popo- lazioni andine». Come sono i media? dal paese.Ci sono circa 3milioni di peruviani che vivono all’estero». Aproposito di estero, lemerci so- no libere di circolare, le persone moltomeno... «Il nostro è un paese globalizzato. Omeglio, lo è per i servizi e i capitali, ma non per il lavoro.Ci sono restri- zioni per la migrazione verso altri paesi. In ogni caso, le rimesse dei no- stri emigrati costituiscono la secon- da entrata per il paese dopo quella derivante dall’attività mineraria». Ho visto alcuni vostri manifesti contro il razzismo.C’è razzismo in Perú? I danni prodotti dalla svendita del Perú alle multinazionali minerarie sono enormi. Ma lottare contro le ingiustizie è pericoloso. I tragici fatti di Bagua non sono che l’ultimo esempio. N on è mai facile parlare criticamente delle imprese mul- tinazionali, sia per ragioni teoriche che pratiche. Le ragioni teoriche sono tanto semplici quanto micidiali: le multinazionali - dicono la maggioranza dei politici, eco- nomisti e giornalisti - portano ricchezza e lavoro. Le ra- gioni pratiche sono invece banali: attraverso il loro pote- re economico, le multinazionali comprano (con mezzi le- gali o illegali come la corruzione) l’appoggio politico e quello mediatico. Se poi i metodi normali non bastano per far tacere gli oppositori, allora si passa alle minacce, alle intimidazioni, alla violenza. In questa situazione, la lotta di chi si oppone è molto dif- ficile, pur davanti all’evidenza che i costi - ambientali e sociali - sono di gran lunga maggiori dei benefici che ne derivano alla collettività. Questo discorso generale è vali- do per quasi tutti i paesi che non appartengono al cosid- detto Primo mondo. Così è avvenuto e sta avvenendo in Perú, in una conti- nuità storica che parte da Alberto Fujimori per arrivare ad Alan García, attuale presidente del paese andino. L a Oroya, nelle Ande centrali, è una delle 10 città più in- quinate del mondo. Le analisi effettuate hanno evi- denziato che la quasi totalità dei bambini sotto i 6 anni presenta livelli di piombo nel sangue ben oltre i limiti fis- sati dall’Organizzazione mondiale della sanità. La re- sponsabilità della situazione è della compagnia minera- ria statunitense D OE R UN , che in 13 anni di attività non ha mai preso misure a salvaguardia dell’ambiente e delle persone. Nel nord del Perú, al confine con l’Ecuador, sul versante a- mazzonico delle Ande, l’impresa Monterrico Metals (nel 2007 acquisita dal gruppo cinese Zijin), attraverso l’im- presa M AJAZ ed il suo progetto denominato Rio Blanco, ha in programma di aprire una delle più grandi miniere di rame del mondo. Nel settembre 2007, un referendumpo- polare ha sancito, a grande maggioranza, la contrarietà delle popolazioni locali al progetto minerario. Il governo ha risposto con virulenza parlando di «agitatori comuni- sti», di «terroristi» e accusando la locale chiesa cattolica (e in particolare mons. Daniel Turley, vescovo di Chuluca- nas) di interferenze indebite. La miniera Y ANACOCHA - proprietà di un consorzio tra l’im- presa statunitense Newmont (che detiene la maggioran- za) e la peruviana Buenaventura - è la più grande produt- trice di oro dell’America Latina. Si trova ad oltre 3.400 metri d’altezza, a poche decine di chilometri dalla città di Cajamarca. I danni prodotti all’ambiente - soprattutto a causa dei versamenti di mercurio e cianuro - sono molto pesanti,ma misconosciuti dal governo e dai politici na- zionali. A guidare la lotta controYanacocha è Grufides, una organizzazione ambientalista tra i cui fondatori c’è padre Marco Arana. In questi anni, Grufides e padre Ara- na sono stati fatti oggetto di minacce e campagne di de- nigrazione (1). Il governo di García ha concesso a molte compagnie pe- trolifere straniere - Repsol, PlusPetrol, Perenco, Petrobras, Le attività minerarie in Perú...
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