Missioni Consolata - Dicembre 2009
DOSSIER 46 MC DICEMBRE 2009 sicura che si cerca sempre di non essere così rigidi e di capire le esi genze, ricordandoci anche che chi si allontana per lavoro ha diritto a un permesso specifico che gli con sente di mantenere il posto. Gli ex alpini, che turnano all’in terno di via Asti in gruppi di tre per sei ore cadauno, sono cordiali e hanno ormai un atteggiamento affabile e quasi paterno con i rifu giati. Ci confessano di non aver mai avuto nessun tipo di problema con gli ospiti, di aver ormai im prontato il rapporto su una rispet tosa collaborazione. In realtà, que sto rapporto che può sembrar an che buffo e grottesco è l’immagine di una dicotomia, che nel tentativo di un incontro fa sorridere: vecchio giovane, autoctono straniero. Due estremi che si toccano e che alla fine trovano un peculiare mo dus vivendi. S eduti in un bar di una delle zo ne più chic di Torino, Josh so malo di 29 anni ci racconta: «Ho preso il pass per via Asti per ché pensavo che mi si offrisse una prospettiva diversa. In circoscri zione ci avevano parlato del rego lamento ma non ci avevano detto tutto quello su cui era giusto ci informassero. Molte nostre aspet tative sono state deluse. I continui controlli minano la nostra libertà e la nostra dignità personale. Non siamo carcerati, siamo rifugiati con i nostri diritti e la nostra libertà, pa ri a qualsiasi altro essere. Doveva no iniziare dei corsi di formazione lavoro e di questo non si sa anco ra nulla mentre il fatto che non si possa avere la possibilità di cucinare autonomamente è de leterio. Siamo persone con una cultura e tradi zioni culinarie diffe renti, è giusto che vengano rispetta te». Di diversa opi nione è Abdi Ha fid, 26 anni, anche lui proveniente dalla Somalia: «So no sincero. Io vivo meglio qui rispetto a corso Pe schiera, mi sento più tranquillo. Non patisco per gli orari di entrata e di uscita, perché questi mi per mettono di poter riposare senza il via vai che c’era sempre all’interno dell’ex Clinica. Anche se questa non posso considerarla certo lamia casa, sono almeno felice di poter imparare l’italiano, di avere qual che garanzia in più, di poter con tattare un medico velocemente se non sto bene e di avere degli ope ratori di riferimento se devo risol vere qualche problema. Insomma, sono fiducioso che le cose si muo veranno e riuscirò ad avere più pa dronanza della lingua e magari... trovare finalmente un lavoro». Due visioni delle cose della vita completamente diverse, una più provata da varie esperienze «ita liane» negative e l’altra ancora spe ranzosa. Due facce della stessa medaglia: la voglia di riemergere da un passato che sta stretto e di andare avanti. ■ «G eneralmente sono di piccola statura e di pelle scura. Molti puz- zano perché tengono lo stesso ve- stito per settimane. Si costrui- scono baracche nelle periferie. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo ap- partamenti fatiscenti. Si presen- tano in 2 e cercano una stanza con uso cucina. Dopo pochi giorni diventano 4, 6, 10. Parlano lingue incomprensibili, forse dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l'elemosina; spesso davanti alle chiese donne e uo- mini anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mante- nere e sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano sia perché poco attraenti e selvatici, sia perché è voce diffusa di stupri consumati quando le donne tornano dal la- voro. I governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno sa- puto selezionare tra coloro che entrano nel paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, di atti- vità criminali» (*). (*) Per sapere chi ha scritto que- ste cose e a chi si riferiscano, si ro- vesci questa pagina. Piccoli e scuri, puzzano e rubano «Invasori» di ieri e di oggi (*) Dalla relazione dell'Ispettorato per l'immigrazione del Congresso de- gli Stati Uniti sugli immigrati ita- liani, ottobre 1919. Torino: trasferimento dei profughi dalla Clinica verso altre destinazioni. A lato: registrazione dei profughi .
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