Missioni Consolata - Dicembre 2009
MISSIONI CONSOLATA delleproprie frontiere,siaasud (nel deserto) cheanord (lungo le coste) per fermare il flusso dei migranti e ri- chiedenti asilo verso l’Italia. C hiriesceatoccarelaterraitaliananonsachedalìhaini- zio un nuovo viaggio. E che spesso dovrà lot- tare con la diffidenza e l’ostilità del paese in cui è così faticosamentegiunto.Unadiffidenzaalimentatadal tamtamdeimediachetendeadassociare il termine«im- migrazione»aquellodella«criminalità».Un’associazio- nenonveritiera,secondo leconclusioni della recente ri- cerca «La criminalità degli immigrati: dati, interpreta- zioni e pregiudizi», realizzata dall'équipe del Dossier statistico immigrazione Caritas/Migrantes insieme con l'agenziaRedattoresociale,mache fadell’immigratoun capro espiatorio «sociale» necessarioper esorcizzare le paure della popolazione autoctona. Proprio su questa «non accoglienza» è partito il nostro viaggio nei panni di un rifugiato. Apartiredai luoghi:«Centri di accoglienza» (Cda);«Cen- tro di identificazione e espulsione» (Cie); «Centro di ac- coglienza per richiedenti asilo» (Cara), per arrivare agli iter burocratici.Dalladomanda inquestura,all’audizio- ne con le «Commissioni territoriali», all’eventuale pro- grammadi assistenzaSprar («Sistemadi protezioneper richiedenti asiloe rifugiati»),alle lunghe filanegli «Uffi- ci per gli stranieri» e alle liste d’attesa nei dormitori. A Torino,questanonaccoglienzaèesplosaalloscoper- to nel caso di occupazione di uno stabile pri- vato - era l’ottobre del 2008 - e del suo successivo sgombero nel settembre 2009. Un excursus che foto- grafa lacontraddizionedell’essereaccoltosolosullacar- ta e di non aver poi diritto a nulla: dalla casa, e quindi dalla residenza, alla tessera sanitaria, alla possibilità di integrarsi.Perché larealtàdell’asilopoliticonel no- stropaese significa soprattuttoquesto:elemo- sinare cibo e tetto senza nessuna previsione certa di quello che sarà il futuro. Di qui, il ri- percorrere i passi e le voci dei tanti che arriva- noechesperanodi vedere riconosciuti i lorodiritti,gua- dagnandosi la possibilità di avere una vita normale, un lavoro e una casa. Un viaggio a doppio binario tra pro- fughi e enti locali, istituzioni, sistemi di protezione in- ternazionaledei rifugiati,realtà locali.Inunsistemache tracolla e che necessita in tempi brevi di una trasforma- zione. All’interno di una società che deve cambiare pa- radigma. Come? Smettendo di «ignorare» e diventan- do consapevole che riconoscere i diritti di queste per- sonenonèunattodi «generosità»,ma il primo passo per poter quantomeno definire «civi- le» il paese in cui viviamo. GabriellaMancini A l 31 dicembre 2008 l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati - Unhcr – stimava in Europa 1.621.753 rifugiati e per l’anno appena termi- nato 354.365 richieste di asilo ( il 39% in più rispetto al 2007). Nella sola Italia, alla fine del 2008, il numero de- gli aventi lo status di rifugiato era 47.061, mentre per il solo 2008 le richieste di asilo ammontavano a 30.324 (con un incremento del 122% rispetto all’anno prece- dente). L’Italia, più di ogni altro paese, ha registrato un aumento delle richieste. Quanti sono? «I l cliché dell'immigrato-delinquente non trova ri- scontro nei dati statistici e vacilla anche il cliché “italiani brava gente” a seguito dei ricorrenti atti di razzismo» (presentazione del XIX Rapporto 2009 Caritas Migrantes sull’immigrazione, mercoledì 28 ottobre 2009). Su «delinquenti» e «brava gente» Torino: rifugiati - tra essi donne, uomini e bambini - in attesa sotto i portici della città sabauda.
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