Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2009
64 MC OTTOBRE-NOVEMBRE 2009 AFRICA chiedono l’intervento dell’Ong. La prima è Kaolack, sempre in Senegal dove dal 2002 inizia a funzionare un nuovo centro. È il sindaco di questa città a chiedere una replica dell’e- sperienza di Thies. «Si passa dal lavo- ro con i quartieri alla collaborazione diretta con i comuni,mettendoli magari in contatto con i comuni ita- liani. La tematica dei rifiuti si sposa bene con il metodo della coopera- zione decentrata (vedi dossier su MCmaggio 2007) che stabilisce le- gami tra i comuni del Nord e quelli del Sud». L’approccio dell’esperto è di tipo economico: «Quando una città ci chiede un intervento di questo tipo, prima di tutto facciamo uno studio economico: occorre verificare se c’è mercato per la plastica riciclata.Al- trimenti il centro non potrà funzio- nare da solo.Chiediamo dunque agli imprenditori presenti sul posto di che tipo di plastica hanno bisogno, come materia prima. Se il primo test è positivo, si cercano i fondi per co- struire il centro ed equipaggiarlo». Le tecnologie ci sono, ricorda Al- ban, che sia per la trasformazione dei sacchetti in polietilene oppure per il polipropilene (bacinelle, uten- sili, ecc). È un mercato che funziona me- glio nei paesi lontani dal mare, co- me ad esempio il Burkina Faso.Qui infatti, la plastica vergine costa di più, perché oltre ad arrivare nei por- ti deve poi fare migliaia di chilome- tri su gomma. E proprio a Ouaga- dougou, nasce il terzo centro nel 2005.Nello stesso anno anche a Nouackchott, la capitale della Mau- ritania ottiene il suo. AMaputo,Mozambico, un anno più tardi, è stata avviata una collabo- razione con la Caritas, per un pro- getto di tipo sociale che coinvolge i bambini della discarica.Anche qui un centro per la plastica gestito dal- la cooperativa Ricicla (quartiere Heulene B) e anche uno per i rifiuti organici. INDIPENDENZA ECONOMICA «Una volta che il centro è equi- paggiato ed è stato affidato a una cooperativa, i cui membri (di solito donne) ricevono opportune forma- zioni sia in organizzazione e gestio- ne, sia per il funzionamento delle macchine e il marketing del prodot- to. Dopo due anni deve diventare autonomo» è tassativo Alban. L’Ong continua a fare una certa supervisio- ne, ma, se tutto funziona, il ciclo eco- nomico permette il funzionamento senza appoggio esterno. «Interessante vedere come questo tipo di progetto unisce una valenza ambientale,con ripercussioni di tipo economico e anche di creazione di impiego, i famosi green job », (pag.66). Un passo in più che fa l’Ong è quello dell’educazione ambientale: «Al centro plastica di Ouagadou- gou, che è oggi al 100% del comu- ne, si realizzano percorsi con le scuole con formazioni e visite, per promuovere il cambiamento di comportamento». Idea condivisa anche dal collega del Niger. «È ovvio che per il proble- ma ambientale - ricorda ancora Pao- lo Giglio - occorre un cambiamento di mentalità della gente.Ad esem- pio consumato il boomdella plasti- ca, bisogna farli ritornare a fare la spesa con borse di tela riutilizzabili e far capire che non si buttano ovun- que le buste di plastica». Un giorno non lontano, forse,Ma- madou dopo aver bevuto l’acqua del sacchetto potrebbe fermarsi un istante a riflettere, prima di buttarlo a terra. ■ Centro plastica di Ouaga: lavaggio manuale dei frammenti plastici. Sotto: coriandoli separati per colore ottenuti a macchina; costituiscono la materia prima riciclata.
RkJQdWJsaXNoZXIy NTc1MjU=