Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2009

MC / SPORCOMONDO 30 micron e tassato i sacchetti più spessi. In Italia, invece, si fanno passi in- dietro: la legge che doveva recepire la direttiva europea e mettere al bando i sacchetti entro dicembre di quest’anno è stata prorogata (de- creto «milleproroghe») fino al 2011. In Africa a parte le iniziative degli stati,molteplici sono quelle della so- cietà civile e dei privati cittadini, che cercano ti trasformare un flagello ambientale in qualcosa di utile e magari redditizio. Alcune di queste sono tutte africa- ne, come il recupero dei sacchetti, che lavati e tagliati in piccole strisce sono poi intrecciati per formare una specie di tessuto.Questo è utilizzato per fabbricare borse, portapenne e anche giocattoli. Lo fanno svariate associazioni in diversi paesi africani, dal Burkina Faso, al Ghana, al Kenya. IN STRADA RISORGONO I SACCHETTI Altri interventi sono invece il frut- to di collaborazioni Nord-Sud. In Niger, paese saheliano tra i più poveri del mondo, già da anni alcu- ne persone hannomesso a punto una tecnologia per il riciclo dei sac- chetti usa e getta e si sta attrezzan- do per fare il salto di qualità. Il grup- po opera nella Reseda, un consorzio di imprese, associazioni e Ong nige- rine, ma la mente principale è un ita- liano. «Avevo scoperto che in Ciad bruciavano sacchetti di plastica e li mi- schiavano alla sab- bia, nel tentativo di produrre mate- riali da costru- zione. Ma la cosa non funzionava molto bene» racconta Paolo Giglio, originario di I- vrea, da 25 anni vive e lavora in Ni- ger dove è anche viceconsole ono- rario dell’Italia.Ma soprattutto una persona geniale, che studia e inven- ta un nuovo tipo di forno, con il qua- le, assieme alla sua associazione ni- gerina, inizia a fabbricare blocchi per la pavimentazione in plastica ot- tenuta dai sacchetti. In Niger il metallo e la plastica del- le bacinelle e utensili (polipropilene) è raccolta e portata nella vicina Ni- geria (gigante africano con 140 mi- lioni di abitanti) dove entra nel cir- cuito industriale. «Quello che rimane sono i sacchetti di plastica» spiega Giglio. All’inizio è sperimentazione.Oc- corre capire le percentuali di sabbia e plastica e migliorare il forno. Biso- gna anche fare inmodo che non si liberino gas nocivi. «Fondamentale è che non occorre lavare i sacchetti. Si risparmia così un passaggio oneroso, nella catena del riciclaggio. I sacchetti più sporchi, in- fatti, sono utilizzati come combusti- bile, quelli più puliti, fusi, vanno a creare la massa da mischiare alla sabbia».Mescolati a mano, una volta MC OTTOBRE-NOVEMBRE 2009 61 anche piene di rottami di plastica di ogni genere, perché quasi tutti gli u- tensili, sono ormai prodotti inmate- riale plastico (normalmente polipro- pilene, mentre i sacchetti e le botti- glie sono il polietilene). LA REAZIONE DEI GOVERNI Ma l’Africa reagisce, e molti stati a- fricani hanno iniziato da alcuni anni a legiferare contro la diffusione dei sacchetti.Alcuni hanno introdotto una tassa, altri hanno vietato i sac- chetti con spessori minori. In Sudafrica, il paese più industria- lizzato del continente, una legge del 2003 vieta i sacchetti con spessore inferiore a 30 micron e impone ai su- permercati di vendere i sacchetti an- ziché regalarli. Qui si stima che ogni anno venga- no prodotti 8 miliardi di sacchetti in polietilene e l’obiettivo è ridurre questo numero del 50%. I sacchetti più spessi sono più facilmente rici- clabili, mentre si sensibilizza la gen- te a utilizzare borse di tela o di carta. Il Rwanda ha addirittura proibito sul suo territorio nazionale le buste di spessore inferiore a 100 micron. Anziché la via della sensibilizzazione ha scelto però quella della repres- sione: la polizia può controllare per strada la gente e requisire i sacchet- ti, così come avviene alle frontiere. Mentre alcuni esercizi commerciali che li utilizzavano sono stati chiusi. InTanzania dal 2006 in vicepresi- dente ha vietato la fabbricazione, importazione e vendita di sacchetti di plastica e incoraggiato l’utilizzo di altri contenitori, come le borse di ra- fia. Fibra questa tratta da una varietà di palme di cui il Madagascar è gran- de produttore. Il Kenya è ormai invaso dalle bu- ste di plastica. Uno studio dell’Unep (Programma ambientale delle Na- zioni Unite, 2005) stima che nel paese siano distribuiti ogni anno oltre 100 milioni di sacchetti, di cui la metà di spessore 15 micron o in- feriore. Da metà 2007, il governo ha vietato l’importazione e l’utilizzo di sacchetti con spessore inferiore a In alto: deposito di plastica da riciclare a Ouagadougou (Burkina Faso). Di fianco: sacchetti di plastica impigliati negli arbusti, periferia di Zinder (Niger).

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