Missioni Consolata - Ottobre/Novembre 2009
sta il principio se- condo cui non può esserci sovranità ali- mentare senza il rico- noscimento dei diritti territoriali imprescindibili alla loro riproduzione fisi- ca e culturale. In virtù di ciò, l’accesso alle foreste, deve essere mediato necessariamente da un corpus di diritti cui questi popoli e comunità tradizionali hanno iniziato ad accedere a partire dalla Costitu- zione del 1988. Le terre amazzoni- che, che sono tutelate da questi di- ritti collettivi, sono di immenso valo- re, non solo perché ricche in biodiversità,ma anche perché costi- tuiscono, inmodo effettivo, un fat- tore fondamentale per l’esistenza culturale di questa varietà di iden- tità collettive. ■ (tradotto e adattato da Silvia Zaccaria) MC / SPORCOMONDO intellettuale, relativi alle risorse ge- netiche (10). Va interpretato in tal senso il ritar- do nell’approvazione del nuovo Sta- tuto dell’Indio e la movimentazione parlamentare per aprire le terre indi- gene all’estrazione mineraria. A tali pressioni sui diritti etnici e territoriali si somma quella legata a- gli investimenti nei biocombustibili (soprattutto la canna da zucchero per l’estrazione dell’alcol), nella car- ta e cellulosa.Queste pressioni han- nomobilitato, oltre a corporazioni e partiti politici conservatori, le grandi imprese di comunicazione di massa. Articoli pubblicati nei tre principa- li quotidiani brasiliani e notizie vei- colate attraverso i canali televisivi presentano i diritti etnici e territoria- li come «assurdità» o «frode», soste- nendo le strategie imprenditoriali che vogliono espandere le loro atti- vità economiche su territori colletti- vi, etnicamente configurati. In questo processo, le imprese cer- cano di trovare anche nelle politiche governative uno strumento di ausi- lio alla loro espansione economica. Il tentativo di annullare i diritti ter- ritoriali può essere letto come una forma per neutralizzare i diritti etni- ci, convertendo i membri di queste comunità in un pezzo dell’ingranag- gio che deve gestire ciò che l’impre- sa chiama «sviluppo sostenibile». In verità ci troviamo di fronte ad una vera e propria campagna di de- territorializzazione, che ha avuto una recrudescenza nell’ultimo pe- riodo, cercando di negare i diritti, e di annullare le conquiste dei popoli e comunità tradizionali. Negare il riconoscimento di un territorio, può significare la negazio- ne dell’identità collettiva, e far sì che gli atti di compra-vendita delle terre, includano anche le comunità, che sarebbero contemplate solo per le relative compensazioni. SOVRANITÀALIMENTARE È necessario riflettere sul senso di queste strategie di investimento, considerando il fatto che in Brasile una percentuale significativa di aree conmaggior copertura vegetale e corsi d’acqua preservati, si trova nel- le terre tradizionalmente occupate dai popoli indigeni e altri gruppi so- ciali citati, caratterizzate dall’uso co- mune delle risorse naturali in esse presenti. Queste identità collettive, organiz- zate inmovimenti sociali, hanno e- retto, attraverso le loro azioni, un muro di protezione attorno alle col- ture alimentari e alle territorialità specifiche che gli garantiscono la ri- produzione fisica e sociale. Non si tratta soltanto di far rispet- tare i dispositivi costituzionali, nuo- ve leggi statali e municipali, come quelle relative al « babaçu libero», e strategie nazionali, come la «Politica di sviluppo sostenibile dei popoli e comunità tradizionali».Occorre an- che promuovere azioni dirette che impediscano la deforestazione ed e- siganomaggiore agilità da parte de- gli apparati governativi che devono riconoscere i diritti alla terra dei po- poli indigeni e delle comunità tradi- zionali. Alla base di queste rivendicazioni MC OTTOBRE-NOVEMBRE 2009 59 N OTE : (1) Si tratta di un insieme di 27 federazioni di agricoltura e allevamento, con 2.500 sindacati rurali in tutto il paese. (2) I significati di patrimonio naturale e culturale qui utilizzati fanno riferimento agli Art. 1 e 2 della Convenzione sulla Protezione del Patrimonio Mondiale, Culturale e Naturale, approvata a Parigi il 23 novembre 1972, nel corso della XVII Sessione della Conferenza Generale dell’Unesco, ratificata dal Brasile con il Decreto n.80.978 del 12 dicembre 1977. (3) È dimostrato che all’espansione del mercato delle commodities corrisponde una precarietà nei rapporti di lavoro. L’Organizzazione mondiale contro la tor- tura ha divulgato il suo rapporto annuale nel giugno 2008, in cui informa che in Brasile ci sono ancora 8.000 persone in condizioni di quasi schiavitù. Trasporto di lavoratori per lunghe distanze, ritardo nei pagamenti, casi di vigilanza armata dei la- voratori, completano questo quadro di precarietà. (4) Contadino povero che occupa e coltiva terre abbandonate. (5) Secondo l’Art. 3º. del Decreto 6.040, del 07 febbraio 2008, «I Popoli e le Comunità Tradizionali comprendono gruppi cultu- ralmente differenziati, che si riconoscono come tali, che possiedono forme proprie di organizzazione sociale, che usano terri- tori e risorse naturali come condizione per la loro riproduzione culturale, sociale, spi- rituale, ancestrale ed economica, utiliz- zando conoscenze, innovazioni e pratiche prodotte e trasmesse dalla tradizione». (6) I giornali Folha de São Paulo , O Globo e O Estado de São Paulo parlano attual- mente di agrostrategie come incorpora- zione di nuove terre arabili che possono anche trascendere il territorio nazionale. L’editoriale del 12 maggio 2008 della Folha , intitolato «Agrostrategie», sugge- riva un «salto» delle imprese brasiliane al- l’estero. Tali articoli si spacciano per «gior- nalismo scientifico», avvalendosi dell’au- torità accademica degli autori che cercano di dimostrare che la minaccia «espansioni- sta» verrebbe dai popoli indigeni e dai progetti di insediamento della riforma agraria. (7) Anche la Sotheby’s è presente in Brasile dal 2006. Secondo la Folha de Sao Paulo , del 27 agosto 2008, questa starebbe facili- tando l’acquisto di fazendas e resorts nel Mercosul per investitori stranieri, soprat- tutto statunitensi. Secondo una stima sa- rebbero già più di due milioni i chilometri quadrati acquisiti dagli investitori. (8) I «crediti di carbonio» sono un artificio per quantificare le emissioni di carbonio, sono quindi una misura di inquinamento. Possono pure essere «positivi» se pensati prodotti da sistemi puliti di produzione energetica (solare, vento, ecc.) o attraverso riforestazione e altre tecniche (come rac- colta del carbonio dall’atmosfera). Sono comprati e venduti in una vera e propria borsa dei «crediti di carbonio». (9) Il banchiere svedese Johan Eliasch, na- turalizzato britannico, che fa parte di quel che si denomina «colonialismo verde», ha comprato 160 mila ettari di terra, area cor- rispondente alla Grande Londra. Tali terre appartenevano alla Gethal Madeireira e sarebbero conservate attraverso progetti di credito di carbonio. (Cf. «Milionário sueco vai visitar terras no Amazonas». A Crítica . Manaus, 4 gennaio 2007). (10) Le forme di azione dei componenti di questa coalizione hanno determinato quella che il sociologo Boaventura de Souza Santos definisce «giudiziarizzazione della politica» e dei conflitti.
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