Missioni Consolata - Settembre 2009
DOSSIER 30 MC SETTEMBRE 2009 livelli di studi variegati e pochis- simi hanno fatto un percorso uni- versitario. Altri hanno ricevuto formazioni per lavorare in questa zona in condizioni di vita molto difficili e sono magari entrati in contatto con diversi formatori. È strano il panorama mediatico di questa parte del Ciad. La quasi totalità dei giornalisti non ha un vero «carnet d’adresse», ovvero una raccolta di numeri telefonici e indirizzi fondamentali in questo mestiere. Diverso da altri paesi, come il Burundi, dove ogni gior- nalista dispone di un gran nume- ro di contatti. Si nota nelle riunio- ni di redazione, dove pochi han- no il numero di telefono di un’autorità locale che si vuole in- tervistare. ISOLATI DAL RESTO DEL MONDO I giornalisti di questa zona han- no pochissimi contatti con il mon- do esterno, il che complica la buo- na comprensione del mestiere d’informare. Nel loro ambiente non hanno dei punti di riferimen- to o dei colleghi navigati ai quali si possono identificare. Ascoltano sulle onde corte le ra- dio internazionali, come Bbc (Bri- tish Broadcasting Corporation, ra- dio britannica) e Rfi (Radio France internationale, radio francese specializzata sull’Africa), ma ignorano ogni processo che por- ta alla produzione di un giornale o di un programma d’informazio- ne che ascoltano su queste emit- tenti. Non è raro sentire qualcuno di- re: «Da quando sono giornalista non ho mai ricevuto una forma- zione». È vero che un manuale dell’Unesco spiega che i giornali- sti delle radio comunitarie non hanno bisogno di conoscenze speciali, ma un minimo è neces- sario. È ben visibile che l’informazione non si libera dalla pressione della storia, in quanto la predominan- za di alcune etnie, che si sono succedute al potere negli ultimi trent’anni, impone la condotta. Si sente ancora dire che una certa informazione è corretta, perché è tale gruppo potente che «l’hadet- to». Diventa allora molto difficile spiegare ai giornalisti che tutte le informazioni senza fonte non so- no valide, e che un professionista deve verificare le sue fonti con i propri mezzi. È in gioco la sua cre- dibilità. PRIME DIFFICOLTÀ: LA LINGUA Questa è la mia seconda consu- lenza internazionale all’Est del Ciad dopo un’esperienza in Rwan- da. Quando si tratta di formazio- ni occorre prepararsi, organizza- re dei moduli formativi. L’arabo «ciadiano» e il francese sono le lingue ufficiali. Si parlano poi un centinaio di altri idiomi lo- cali. Questi, insieme all’arabo, so- no le più utilizzate mentre il fran- cese passa in secondo piano. Mol- ti poi lo conoscono orale, ma quelli che possono leggerlo e scri- verlo sono molto rari. Questo vuol dire che su 10 al- lievi meno della metà capiscono con facilità la lingua del formato- re, il che rende difficile la tra- smissione della formazione. Così, per far passare il messag- gio si ricorre ai colleghi che tra- ducono dal francese all’arabo, o in una lingua a grande diffusione come il zagawa e il massalite. Questa traduzione ha il difetto di subire delle trasformazioni du- rante i vari passaggi. Ho dovuto quindi organizzare un modulo sulla traduzione stes- sa per tentare di rendere il pas- saggio da una lingua all’altra più fedele possibile. Ma questo ha creato dei ritardi sull’avanzamen- to della stessa formazione. MANCANO I MODELLI Questi allievi-giornalisti, con formazione accademica molto di- versa, non hanno lo stesso livello di comprensione. Alcuni tra loro hanno bisogno di nozioni di base. Sono arrivato in radio attive già da due anni, ma ho constatato che gli operatori hanno ancora biso- gno di nozioni basilari di giorna- lismo. Questo mi ha obbligato a rivedere la formazione che avevo preparato, cercando di unifor- marmi al livello di ognuno. Quando si cercano di spiegare i meandri del mestiere, a dei gior- nalisti che ascoltano altre radio, si usano spesso degli esempi cono- sciuti da tutti. Questo non si può fare in Ciad, dove la stampa «in- dipendente», competitiva è solo agli inizi. In questo paese, solo a Djame- na, la capitale, si capta Rfi sulle Fm, mentre nelle altre località, la popolazione tenta di ascoltare le notizie sulle onde corte, con tut- te le difficoltà. Molto spesso per essere informati su cosa succede nel proprio paese, oltre che in Africa e nel resto del mondo, cap- tano solo delle radio straniere: su- danesi in arabo, la Bbc, Deut- A fianco: Gabriel Nikundana (alla la- vagna) insegna a un gruppo di gior- nalisti ciadiani. Pagina accanto: entrata della Radio «Sila» nell’est del Ciad.
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