Missioni Consolata - Luglio/Agosto 2009
MC LUGLIO-AGOSTO 2009 73 «vite feconda» (Sal 128/127,3). Il giorno della doppia fe- condità della creazione, è il giorno più adatto per cele- brare la fecondità dei figli d’Israele. b) La Toràh è pronta per il terzo giorno Il secondo motivo per celebrare il matrimonio il terzo giorno sta nel fatto di commemorare la manifestazione del Signore ai figli d’Israele sul Sinai per dare loro la Leg- ge , come è scritto: «Va’ dal popolo e santificalo oggi e do- mani: lavino le loro vesti e si tengano pronti per il terzo giorno , perché nel terzo giorno il Signore scenderà sul monte Sinai , alla vista di tutto il popolo» (Es 19,10-11.16). Ai piedi del Sinai, nel terzo giorno Yhwh si è compor- tato come uno sposo, perché ha acquistato il popolo d’I- sraele (Es 15,16) come sua sposa, legandosi irreversibil- mente attraverso la dote della Toràh . Celebrare il matri- monio il terzo giorno dopo il sabato per Israele ha il si- gnificato di «imitare Dio» perché tutti i figli di Israele ac- quistano una sposa per una discendenza alla promessa di Abramo (cf Manns, Il Giudaism o 85; Jésus 72). Non è un caso che le nozze sono collocate in un villag- gio di nome «Cana», della cui identificazione geografica abbiamo già parlato, trattando della localizzazione del vil- laggio: Khirbet Qana (Altura di Qana), località probabile, oppure Kefer Kenna (villaggio di Kenna), dove attual- mente vanno i pellegrini (cf MC 3/2009). Qui c’interessa sottolineare che in ebraico «Cana/Qana/Kana» deriva dal verbo « qanàh » e significa «acquistare/comprare/creare». Già nel nome del villaggio c’è il segreto del messaggio che Paolo espliciterà in modo formale nella lettera ai Corinzi: «Siete stati comprati a caro prezzo» (1Cor 6,20; 7,23). Ge- sù viene per prendere possesso d’Israele proprietà di Dio, popolo che egli ha acquistato (Es 15,16). c) La verifica della verginità in tribunale La scelta del martedì (3°giorno dopo il sabato) come giorno del matrimonio era determinato da un altro moti- vo di ordine pratico. Il tribunale infatti si riuniva il giorno dopo, cioè il mercoledì, per cui era possibile accedervi su- bito dopo la prima notte di nozze, in caso che la sposa non fosse stata trovata vergine (cf. Manns, Il Giudaismo 85). La prima notte di nozze era sempre sotto i riflettori del- le due famiglie interessate che erano in agguato di mo- strare in pubblico «i segni» della verginità della sposa. Di norma si esponevano in pubblico le lenzuola macchiate di sangue. In caso di contestazione il matrimonio doveva essere subito sciolto e per questo occorreva la possibilità di accedere al tribunale rab- binico, l’unico che poteva dichiarare invalide le nozze. Questa usanza ai nostri oc- chi è di natura barbara e vio- lenta perché considera la donna come una proprietà «materiale» dell’uomo. I L RISCATTO DELLE DONNE , APOSTOLE DEGLI APOSTOLI La religione ha molte responsabilità nell’avere indotto una mentalità maschilista che ha sempre visto nella don- na il pericolo, il male se non il diavolo in persona; salvo però servirsi della donna a piacimento per i propri ca- pricci e in funzione dei propri istinti. Se da una parte la scelta del «terzo giorno» per celebrare il matrimonio ha un valore simbolico altissimo, perché rappresenta sulla terra l’azione creatrice di Dio che si conclude con «due benedizioni» e afferma quindi la fecondità infinita del- l’alleanza, dall’altra parte scegliere il terzo giorno in vista di potere accedere al tribunale, riduce il matrimonio a un rapporto di forza, un contrattomercantile: è la donna che deve dimostrare di essere «vergine», non l’uomo che inve- ce può frequentare le prostitute senza dovere rendere conto a nessuno (cf Gen 38,14-18; Gdc 16,1). Nella mentalità religiosa del tempo, la donna è colpe- vole per avere sedotto l’uomo fin dai tempi primordiali e questo la rende inferiore, non-persona, senza diritti, in- capace giuridicamente di testimoniare in tribunale: essa è mera proprietà dell’uomo come stabilisce il comanda- mento: «Non desidererai la casa del tuo prossimo. Non desidererai la moglie del tuo prossimo, né il suo schiavo né la sua schiava, né il suo bue né il suo asino, né alcuna cosa che appartenga al tuo prossimo» (Es 20,17). Gesù romperà questa perversa mentalità e affermerà il diritto della donna di essere «figlia di Abramo» sullo stes- so piano degli uomini (Lc 13,16). Alle donne, anzi, affi- derà il primo annuncio della sua risurrezione, trasfor- mandole in apostole degli apostoli e testimoni necessa- rie della sua risurrezione (cf Gv 20,1-18). Nelle nozze di Cana, come vedremo, una dei protagonisti è una donna, «la Madre», che determina gli sviluppi degli eventi e svol- ge un ruolo significativo di rappresentanza. Come è strano questo matrimonio! Manca la sposa che non è nemmeno nominata e domina «la Madre» di Gesù, donna che assume su di sé le attese e i travagli del suo po- polo Israele per accompagnarlo a varcare la soglia della nuova alleanza. È interessante sottolineare, come faremo a suo tempo, che l’evangelista mette sullo stesso piano «la Madre di Gesù» (v. 1) e le «giare di pietra» (v. 6). Per tutte e due si usa il tempo imperfetto del verbo es- sere, tempo secondario che spiega le circostanze di con- torno, e per tutte e due usa l’avverbio di luogo « ekèi - là ». La corrispondenza non è casuale né occasionale: « Vi era là la madre di Gesù», che corrisponde a « vi erano poi là , sei giare di pietra» e che simboleggiano tutta l’economia del- l’antica alleanza; Maria in rappre- sentanza del suo popolo e le giare per la purificazione dei giudei in rappresentanza della Toràh . La prospettiva dunque dell’e- vangelista non si esaurisce nel- l’angusto confine di uno sposali- zio, ma valica i confini di Cana per stagliarsi su tutta la storia della salvezza, specie dell’esodo, di cui il racconto delle nozze di Cana è una ripresa nella forma di un mi- dràsh cristiano. Di questo parle- remo la prossima volta. (continua - 6) Paolo Veronese, «Le nozze di Cana» (particolare).
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