Missioni Consolata - Luglio/Agosto 2009

72 MC LUGLIO-AGOSTO 2009 O LTRE LE APPARENZE , IL LIVELLO PROFONDO Non si tratta solo di un espediente narrativo per ren- dere più partecipe il racconto, ma noi vogliamo credere che si voglia affermare anche l’attualità della Parola di Dio che resta «presente in modo continuativo» nella nostra storia e nella nostra vita. La Parola di Dio non è un reso- conto storico del passato, ma la Vita che è qui, adesso. Le nozze di Cana non sono un racconto banale chiuso nel passato della vita terrena di Gesù, ma l’occasione propizia ( kairòs ) qui e adesso per chiunque si lascia in- terpellare dall’annuncio della nuova alleanza che non è per l’Israele antico, ma è per l’Israele di oggi e di doma- ni che siamo noi. Dio in Gesù si fa nostro contempora- neo e quelle parole dette oltre due mila anni fa, ora, a- desso e qui , diventano Parola di salvezza per ciascuno di noi. Ora Gesù «dice»; ora noi ascoltiamo ciò che egli «di- ce». Diamo subito alcune informazioni di contorno che ci permettono di semplificare il commento che faremo. Nel racconto delle nozze di Cana ci troviamo di fronte a due livelli di lettura: quello materiale e quello più profondo che dobbiamo scoprire oltre le parole ovvie. Il primo livello è presto liquidato, perché si tratta di uno sposalizio come tanti, a cui viene invitato Gesù, i suoi di- scepoli e sua madre. Il testo non dice il motivo di questo invito: se fu per ragioni di parentela o perché la fama del giovane rabbi Gesù era ormai diffusa e la sua presenza a- vrebbe dato onore e lustro ai partecipanti e a tutto il vil- laggio. Al tempo di Gesù il matrimonio si svolgeva sempre di martedì, perché, secondo la Mishnàh ( Kethuboth 1; per la datazione e interpretazioni, cf Brown, Giovanni , vol 1,125-126), il matrimonio deve essere celebrato « il terzo giorno » dopo il sabato, per tre motivi, dei quali diamo al- cune informazioni esterne; nella prossima puntata affron- teremo in modo dettagliato la questione del «terzo gior- no». T RE MOTIVI PER « IL TERZO GIORNO » I primi due motivi per la scelta del «martedì» come giorno del matrimonio sono di natura teologico-salvifi- ca, mentre il terzo, di origine post-esilica, ha solo una va- lenza pratica legata alle usanze del tempo di Gesù. a) La doppia fecondità del terzo giorno della creazione Nel racconto della creazione, redatto dal circolo dei sacerdoti nel sec. V a.C., dopo la luce, creata nel 1° gior- no (Gen 1,3-5) e il firmamento, disteso nel 2° giorno (Gen 1,6-8), nel 3° giorno Dio pone mano a due nuove realtà: terra ferma e germogli che producono semi e al- beri da frutto (Gen 1, 9-13). In questo 3° giorno , fatto u- nico in tutto il racconto, per due volte dice il testo che «Dio vide che era cosa buona» (Gen 1.10.12). Questa af- fermazione non è solo una constatazione, ma anche un giudizio di valore: si tratta di due approvazioni da parte di Dio. In altri termini le due affermazioni corrispondono a due benedizioni : alla terra madre creata e ai germogli che la fecondano. La tradizione giudaica stabilì quindi il matrimonio al terzo giorno dopo il sabato per affermare che il matrimonio è sotto la protezione della duplice be- nedizione di Dio creatore che custodisce la sposa come la storia di Israele e dell’alleanza per annunciarla con maggiore forza e trasparenza. Giovanni Battista lo aveva già indicato come «colui che viene dopo di me» (Gv 1,15.27.30) che nel linguaggio del tempo indica «lo sposo» il cui arrivo è preceduto dall’a- mico dello sposo (cf Gv 3,39). Gesù viene per rinnovare l’alleanza a lungo tradita e realizzare l’anelito del profeta Geremia: «Ecco verranno giorni... nei quali con la casa d’Israele e con la casa di Giuda concluderò un’ alleanza nuova (ebr.: berît chadashàh ; gr.: diathêk ē n kainên ») (Ger 31,31). Ora nella persona di Gesù, è Dio stesso che assu- me in sé il progetto della nuzialità e se ne fa garante nel- l’umanità del Figlio come prospettiva del Regno. U N FATTO , ANZI DI PIÙ : UN SIMBOLO Come si vede dalla traduzione letterale, il racconto ab- bonda in greco di verbi al presente indicativo , chiamato «presente storico», invece del «passato remoto», tipico del- la narrazione storica, per dare al racconto vivacità e con- temporaneità agli occhi di chi legge. In questo metodo il lettore si sente portato di peso «dentro» il racconto e ne di- venta parte integrante. L’edizione della Cei traduce, di re- gola, con il passato remoto , rendendo così il testo neutro davanti al lettore. Nel brano vi è un continuo passaggio tra gli 8 verbi al «passato remoto» (in greco chiamato «tempo aoristo») e i 7 verbi che invece sono al «presente indicativo» (chiamato «presente storico» proprio perché prende il posto del «passato remoto/aoristo»). In mezzo vi sono altri verbi secondari (ad es. l’imperfetto) che hanno una funzione di sfondo per chiarire le circostanze e ag- giungere elementi di contorno. Interessante, da questo punto di vista il v. 8 dove se- condo la versione ufficiale Gesù ordina ai servitori/dia- coni : «Ora attingete e portatene al maestro di tavola. Ed essi gliene portarono ». Detto così nessun problema per- ché è la relazione di una cronaca. Eppure nel testo greco l’autore ragiona in un altro modo attraverso l’uso sapien- te dei verbi che possono essere tradotti così: «E dice loro: “Ora cominciate ad attingere e continuate a portare al maestro di tavola”. Ed essi cominciarono a portare ». Nella nostra traduzione mettiamo in evidenza l’inten- zione dell’autore che usa un tempo (per noi è il passato remoto , per i greci è l’aoristo ) che ha qui un valore «in- gressivo», perché descrive un’azione nel suo nascere, nel- la fase iniziale: « cominciate ad attingere », mentre l’impe- rativo seguente ha un valore «durativo e continuativo», senza interruzione: «continuate a portare» perché il vino della nuova alleanza non si esaurirà più. Possono sembrare osservazioni di lana caprina, ma non lo sono: si tratta del «senso della Parola di Dio». Una cosa è « attingete e portatene » e un’altra cosa è « cominciate ad attingere e continuate a portare». A noi pare che in que- sto modo l’autore voglia sottolineare una pregnanza teo- logica di altissimo livello: le nuove nozze dell’alleanza, che si realizzano con la presenza di Gesù, cominciano ora ( co- minciate ad attingere ) e non finiranno mai ( continuate a portare ): inizia una nuova èra che non avrà mai fine. Sullo stesso piano sta un’altra osservazione: per 6 volte si trova il verbo «dice», al presente, come se le parole di Gesù, i suoi gesti e gli eventi che lo circondano fossero qui davanti a noi che leggiamo: egli parla e agisce «ades- so» [= dice ], non ieri o l’altro ieri [= disse ].

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