Missioni Consolata - Luglio/Agosto 2009

HAITI T abarre, periferia di Port-au- Prince. In una stanza dell'ospe- dale Saint Damien due piccoli fagotti:Olivier Beisah e Luvens Bethoven non ce l'hanno fatta, non hanno superato la notte. La camera è avvolta dal dolore e dal silenzio, spezzato solo dal Salve Regina che padre Rick intona,men- tre con le sue grandi mani unge i mi- nuscoli corpi di olio benedetto e li avvolge con cura in un sudario bian- co. Sarà lui a garantir loro una sepol- tura, un lusso che qui inmolti,mol- tissimi, non si possono permettere. Poveri da vivi e poveri da morti. Per entrambi sono pronte due bare di cartone (il legno è prezioso), costrui- te riciclando scatoloni. Le stesse che il sacerdote utilizza quando va all’obitorio dell’ospedale della capitale, ogni giovedì, per do- nare un funerale ai tanti cadaveri lì abbandonati.Morti di nessuno che vengono pietosamente sottratti alla fossa comune, e portati fuori città, su una collina che funge da cimitero, punteggiata di croci bianche senza nome. URAGANI EMANCANZADI CIBO «I morti hanno sempre torto», dice un proverbio haitiano.Qui, ad aver il torto di essere nati nel paese più po- vero e instabile delle Americhe, so- no in tanti, soprattutto bambini. Uno su nove non arriva ai cinque anni,muore di malattie in Europa fa- Père Richard Frechette, al secolo Rick: ritratto Haiti, isola perduta. Realtà inimmaginabile. Eppure c’è. Esiste. Il popolo haitiano continua a soffrire e a morire. Ma c’è anche qualcuno che ha messo la propria vita a fianco di questi fratelli. Storia di un prete e di un medico con la passione. L’INFERNO PUÒ ATTENDERE Testo e foto di Paola Babich*

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