Missioni Consolata - Giugno 2009

MC GIUGNO 2009 73 c’) 20,19-29: Apparizioni ai discepoli e a Tommaso 20,30-31: Conclusione 21,1-25: Appendice L A G LORIA RICAMA TUTTO IL VANGELO DI G IOVANNI Questo schema ha il pregio di tenere presente non un solo metodo di lettura, ma di integrare metodologie di- verse: lo schema geografico ( da Cana a Cana; da Gerusa- lemme a Cafarnao; da Betania a Gerusalemme ) s’inseri- sce in quello liturgico ( festa delle Tende e festa della De- dicazione ) e questo, a sua volta, in quello tematico ( segni, tema della gloria, discorsi di addio, passione, ecc. ) e tut- ti all’interno di un progetto di fondo dell’evangelista, che ruota attorno al termine «gloria» e a quello dell’«ora», due parole che ricorrono da cima a fondo come due tessitu- re che tengono in piedi tutto l’ordito del vangelo con la loro ricorrenza che potremmo definire «ostinata». Gv vuole costringere il lettore a prendere coscienza di queste due parole: «gloria» che in greco si dice « dòxa » e «ora» che in greco si dice « hôra ». Di ciascuna diamo una breve e sintetica descrizione. a) Ogni pagina trasuda gloria La parola «gloria - dòxa » si trova in Gv 1,14 (2 volte), nel racconto delle nozze di Cana (Gv 2,11), a metà del van- gelo (Gv 12,41) e alla fine (Gv 17,1.5.22.24), formando così una inclusione , cioè un termine non casuale, ma vo- lutamente immesso (incluso) nel testo per racchiudere tutto ciò che c’è in mezzo e poterlo leggere alla luce del significato di questo termine. Non si può capire il vange- lo e tanto meno il racconto delle nozze di Cana se non comprendiamo bene quale sia il significato della parola «gloria - dòxa » che diventa così una chiave d’interpreta- zione di tutto il vangelo e non solo delle nozze di Cana. Lo stesso termine infatti, oltre alle 8 volte sopra citate, si trova nel IV vangelo altre 15 volte, costituendo così un mosaico che racchiude tutto il vangelo (Gv 5,41.44 [2x]; 7,18; 8,50; 9,24; 11,4.31.40; 12,23.28.43; 13,32; 16,14; 21,19) per un totale di 23 volte. Si potrebbe dire che non c’è pagina del vangelo di Gv che non riporti la parola «gloria» oppure un verbo che indica l’azione gloriosa del «manifestarsi» ( phanerò ō : 1,31; 3,21; 9,3; 21,1). È questo che intendiamo dire con l’espressione «parola ostinata», cioè martellante, ricorrente: una parola senza della qua- le l’intero disegno del vangelo si perde e si smarrisce. b) Il peso della Gloria La parola «gloria - dòxa » traduce il termine ebraico « kabòd » che gli ebrei del tempo di Gesù utilizzavano co- me sostituto del Nome di Dio «Yhwh», Nome che nessu- no poteva pronunciare. Essa è dunque un sinonimo di «Signore», usato nella preghiera e nelle conversazioni, ma c’è dell’altro. In ebraico la parola « kabòd » deriva dalla radice « k_b_d », che contiene in sé il senso di «peso», per cui una cosa glo- riosa è una realtà pesante, in quanto cioè è consistente; «la gloria» infatti esprime il valore e la consistenza esi- stenziale e sociale di una realtà, di una persona, di una funzione. L’uomo orientale ama «il grasso» perché indica più peso e quindi più consistenza, cioè maggiore auto- rità, significato, importanza. Dio è «glorioso» perché è l’essere più «pesante» che esista, in quanto è la pienezza stessa dell’esistenza: è il Creatore. La «Gloria» riferita a Dio non è qualcosa di astratto o di pomposamente rituale, ma indica il «Nome» stesso di Dio, cioè la sua natura e la sua vita, che è solida, consistente, piena. «Dare gloria a Dio» significa riconoscerne la «si- gnoria» e la maestà e riconoscersi suoi figli ubbidienti. c) L’ora della gloria L’altra parola che abbiamo è « hôra - ora», nel senso di «momento» e quindi riguarda il tempo, che nella Bibbia ha sempre due valenze: una riguarda l’aspetto ordinario ed è la successione degli eventi come capitano e che in genere ognuno di noi subisce (il giorno, la notte, ieri, og- gi, ecc.) e che nella Bibbia si chiama « chrònos - tempo»; l’altra riguarda la «qualità» del tempo, perché mentre scorre porta qualcosa di nuovo e di coinvolgente. Questo secondo aspetto è chiamato da Paolo « kairòs - occasione favorevole» (cf Rm 5,6; 8,18; 9,9; 13,11;Gal 6,10, ecc.). È il tempo che è testimone della conversione; è il tempo in cui si svela lo Spirito come azione di amore; ecc. Il 1° tempo, il « chrònos », è segnato dal sole, dalla meri- diana, dalla clessidra e oggi dall’orologio; mentre il 2° tempo, il « kairòs », è segnato dall’anima che vive gli even- ti e di cui si rende conto: è la presenza di sé all’evento di cui si coglie la portata, la qualità e la novità. Giovanni con il termine «ora» si riferisce a questo se- condo aspetto, davanti al quale anche Sant’Agostino s’in- terroga a modo suo e, inmodomagistrale, dà anche la sua risposta: «Che cosa dunque è il tempo? Se nessuno me lo domanda, lo so. Se voglio spiegarlo a chi me lo domanda, non lo so più» ( Le Confessioni , XI,XIV,2). È veramente così, noi viviamo esperienze interiori che possiamo contemplare dentro di noi, ma non possiamo spiegare agli altri, perché ogni tentativo di spiegazione potrebbe banalizzarle. L’«ora» di Gesù, che nelle nozze di Cana «non è ancora giunta» (Gv 2,4), è il tempo della rivelazione nuova, il tem- po che svela la luce e per contrasto le tenebre (cf Gv 1,4.5.8.9), l’occasione favorevole per fare una scelta di fondo: «Chi crede in lui non è condannato; chi non crede in lui è già stato condannato» (Gv 3,18.36). L’«ora in-com- piuta» delle nozze di Cana giunge a compimento, a matu- razione nel momento della morte: «Padre è venuta l’ora: glorifica il Figlio tuo perché il Figlio glorifichi te» (Gv 17,1). In poche parole l’autore unisce l’ora (il tempo) e la gloria (il peso consistente della rivelazione). Per Gv, l’o- ra della morte è l’occasione, il « kairòs » di una duplice «gloria»: del Padre verso il Figlio e del Figlio verso il Pa- dre. L’uno e l’altro rivelano la propria consistenza di vi- ta: il Figlio nella risurrezione vissuta come obbedienza al Padre e il Padre perché nel Figlio rivela la nuova Toràh che è lo Spirito Santo, cioè la sua stessa vita, per- ché nel momento in cui il Figlio muore come uomo, vi- ve da risorto e in tutti coloro che accettano il dono del suo Spirito di risorto: «E, chinato il capo, consegnò lo Spirito» (Gv 19,30). (continua-5)

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