Missioni Consolata - Giugno 2009
MISSIONI CONSOLATA N el presentare l’epopeadel Massaiasi è indugiatomolto sull’aspettoumanoe umani- tario, sull’attività scientifica ed evan- gelizzatrice del protagonista, senza tenere nel debito conto la forza ispi- ratrice, propulsiva, direi dirompente della sua attività.Nell’intrepidomis- sionario cappuccino si è visto l’uo- mo intraprendente e geniale nel crearsi quasi dal nulla metodi, lin- gue, strumenti indispensabili di la- voro, nell’aprirsi vie fino allora sco- nosciute e lottare in condizioni di solitudine quasi disperata, contro le forze avverse della natura e degli uomini ottusi e ingrati. Mentre si è sottovalutata, o addi- rittura ignorata, l’alta spiritualità del prelato che, trasformando la sua cro- ce pettorale da oggetto-simbolo in realtà, l’aveva piantata nel suo cuore di apostolo, da fargli scrivere: «Ho dato la vita alle missioni fino alla morte, e per me è lo stesso lasciarla qui o là... Purché, prima di morire,mi venga fatto di piantare la croce e cir- condarla del fuoco evangelico». C’è una certa affinità tra Guglielmo Massaia e Paolo di Tarso, sia per tem- peramento e vicissitudini subite, che per una robusta spiritualità della cro- ce. Infatti nei molti suoi scritti il Mas- saia fa proprie le ideemadri della teologia paolina sulla «superscienza» e «superpotenza» della croce,viven- do le perentorie affermazioni di Pao- lo: «Quanto ame non ci sia altro van- to che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo,per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, co- me io per il mondo» (Gal 6,14). «CAMPODI MEDITAZIONE» Il 24 giugno 1879, finivano i suoi 33 anni di evangelizzazione,per ordine dell’imperatore Johannes IV , che lo avvierà sulla via dell’esilio; con il cuo- re lacerato il Massaia scriveva nelle Memorie : «Ho celebrato lamia ultima messa nella cappella di Fekeriè- ghemb avanti il gran crocifisso, cam- po dellemiemeditazioni, il quale eb- be sempre tanta virtù da cambiare le mie più dure prove di spirito in un mare di consolazione. Buon Gesù,e- sclamai, sarà dunque vero che io non vedrò più questo Calvario che tante volte avete cambiato inTabor!». Quel «campo» non lo limitava alle sue personali «meditazioni»,ma lo allargava pure ai suoi intimi che con- dividevano la sua spiritualità, con- cludendo le sue lettere con le se- guenti espressioni, ripetutissime: «Vi abbraccio nel santo Crocifisso», «ab- bracciandovi strettamente nel santo Crocifisso, nostra unica consolazio- ne e conforto», «vi lascio ai piedi del Crocifisso, nostro divino padrone e maestro» e altre frasi simili. Negli Statuti per i monaci del vica- riatoGalla (1854) il Massaia prescri- ve: «Dalla consacrazione sino al fine del Pater noster , coloro che assistono allamessa, inginocchiati e con le braccia distese, s’immagineranno di trovarsi sopra il Calvario ai piedi della croce conMaria ss.e offriranno a Dio l’incruento sacrifizio per la conver- sione dei peccatori e degli infedeli redenti col sangue di Gesù Cristo». Passando dagli atti di culto alla vita di ogni giorno,gli Statuti indicano la passione di Cristo come un superlati- vo stimolo alla pratica delle virtù più eroiche; perciò esortano il monaco ingiuriato di «ricordarsi che lo stesso accadde a Gesù nostro Signore a- vanti a Caifa e Anna, e seguire quindi gelosamente il suo esempio,osser- vando il più scrupoloso silenzio». La pedagogia della croce dava i suoi frutti, come testimonia l’esem- pio di uno di quei monaci, abba Ja- cob: questi, a differenza di padre Ce- sare da Castelfranco, seppe resistere alle lusinghe del re del Kaffa, che gli proponeva di cambiare religione e sposare una delle sue figlie. «Mia sposa è la croce; prima dovete pen- sare ad affiggermi su di essa, come il MC GIUGNO 2009 11 Foto classica del cardinal Guglielmo Massaia, scattata dal fotografo Giuseppe Polozzi, nel convento dei cappuccini di Viterbo nel 1882. A sinistra, croce di Aksum, una delle numerose forme che la croce assume nella fede e nell’arte in Etiopia.
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